La prima volta che mi sono occupato di Sette sul blog avevo dichiarato che Enzo Biagi—che come si sa tiene una rubrica sul news magazine del Corriere (“Diciamoci tutto”)—non lo leggo. Devo fare ammenda: ho fatto malissimo. Non a rivelare la mia colpa, ben inteso (perché ora so che di questo si tratta!), bensì per l’appunto a commetterla.
Insomma, ho finalmente compreso il valore di questo giornalista. Starei per dire che di Biagi non ce ne vorrebbe uno solo, ma tanti. Ma non voglio esagerare, passando da un estremo all’altro. Va bene riconoscere i propri errori, ma anche in questi frangenti un minimo di understatement non guasta: anche gli elogi, come le critiche devono essere misurati!
E’ stata, dunque, la lettura dell’ ultimo numero di Sette ad aprirmi gli occhi. L’argomento di “Diciamoci tutto” è, questa settimana, il degrado delle periferie urbane. Titolo: “Rozzano, Italia”, sottotitolo “Le periferie stanno diventando come il Bronx?” Confesso che è stato il sottotitolo (di cui Biagi naturalmente non porta alcuna responsabilità), del tutto privo di originalità, a suggerirmi di leggere il resto. Per pura cattiveria. Mi sono detto che se il testo corrispondeva al sottotitolo avrei potuto farci su un commento pestifero. E invece …
E invece ho letto frasi che mi sono rimaste scolpite nella mente. I fatti a cui Biagi si riferisce sono quelli noti, tremendi, disarmanti nella loro efferatezza. Ma il Nostro ha saputo trarne spunto per un autentico sfoggio di sapiente ironia. E’ riuscito a far diventare lieve quella materia infame. Prima perla di saggezza: “I cronisti parlano di una «resa dei conti». Ma chi erano i debitori della vita?” Non è stupefacente nella sua genialità? “E’ vero—prosegue Biagi imperterrito e consentendosi una dotta citazione—«La follia va in giro per il mondo come il sole»”. E qui arriva l’impareggiabile affondo: “Ma con la tendenza, a seguire le cronache dei nostri giorni, a non tramontare mai”.
Ci sono rimasto di stucco. Ecco—mi son detto—una lezione di eleganza, una classe cristallina al servizio dell’informazione! Ha trasformato il dolore e lo sgomento in una brillante battuta, ha citato un grande del passato (chissà chi era poi?) e ha quindi chiosato da par suo!
Seconda perla di saggezza. Dopo aver ricordato, con la sua prodigiosa memoria da archivio vivente delle glorie del giornalismo nazionale, un felicissimo titolo di giornale (“Il sequestro di Natale”), la follia precedentemente richiamata, e il suo tragico corollario di cieca e disumana violenza, diventano, nella fervida immaginazione di Biagi, “un fatto da considerare prevedibile e scontato, come le uova di Pasqua. Adesso abbiamo anche la strage del post-Ferragosto” (il corsivo è mio). Straordinario, mi son detto stropicciandomi gli occhi!
Potrei andare avanti a lungo, dal momento che la rubrichetta di questa settimana è davvero una miniera di folgoranti intuizioni, ma credo di aver reso sufficientemente l’idea. Aggiungo solo un’altra chicca, per concludere in bellezza: “Li chiamano, sembra più elegante, «Killers», ma sono degli assassini”. Ebbene, credo che il chiarimento fornitoci da Biagi vada molto al di là dell’utilità in sé e per sé della cosa—anche se non guasta mai cercare di farsi capire da tutti, e proprio da tutti, senza escludere neppure i bambini di prima elementare. Direi, e se sbaglio qualcuno mi corregga, che il chiamare le cose col proprio nome, senza infingimenti e paludamenti, sia uno dei doveri primari di un’informazione che sia degna di questo nome. Anche a costo di precludersi l’uso di termini eleganti come, appunto, killers.
Che altro dire? Chapeau, Signor Biagi! Anzi, tanto di cappello!
[Il presente post è stato pubblicato per la prima volta presso windrosehotel.ilcannocchiale.it il 5 settembre 2003]
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