Mi ha fatto uno strano effetto l’audio-video dell’incontro organizzato dal Foglio e che si è tenuto giovedì scorso in un cinema romano in occasione dell’uscita Cambiare regime, l’ultimo libro di Christian Rocca. Un libro che parla alla sinistra di ciò che essa è diventata malgrado la sua storia e le sue innumerevoli battaglie per la libertà e contro la tirannie, e naturalmente di ciò che «dovrebbe essere».
Gli ospiti erano di tutto rispetto: oltre all’autore c‘erano Giuliano Ferrara, che faceva gli onori di casa, Christopher Hitchens, Paul Berman, John Lloyd, Piero Fassino e Adriano Sofri (degli interventi di questi ultimi sono disponibili le trascrizioni, rispettivamente qui, qui e qui).
Nessuna novità, direi, per chi già conosce le idee degli intervenuti. Non particolarmente entusiasmante, a mio parere, l’intervento di Christopher Hitchens—che sembrava un po’ annoaiato e, tra l’altro, non ha speso una sola parola sul libro, se non ho perso qualcosa a causa della mia distrazione o di una traduzione simultanea che faceva fatica a tener dietro allo stile di comunicazione dell’oratore—, mentre Paul Berman, ha elogiato calorosamente la fatica letteraria di Rocca, pur non avendone potuto un’avere esperienza diretta, presumo, dal momento che non credo conosca l’italiano.
John Lloyd, corrispondente del Financial Times in Italia, nonché collaboratore de la Repubblica e in possesso di una discreta conoscenza della lingua italiana, ha parlato anche lui abbastanza bene del libro, che probabilmente ha letto. Lloyd, tra l’altro, ha detto alcune cose interessanti sul Manifesto di Euston (“un documento banale” ma di cui, in sostanza, c’era bisogno), cui Rocca ha dedicato molte delle sue energie in questi ultimi tempi, dal momento che le idee che vi si sostengono sono le stesse che egli, col suo libro, vorrebbe rimettere al centro del dibattito politico all’interno della sinistra. In sostanza Lloyd ha detto che in Cambiare regime ci sono parecchie cose interessanti, e tra queste una profonda sintonia con lo Euston Manifesto, che è nato principalmente per iniziativa di alcuni bloggers, tra i quali Norman Geras (è lui che ha scritto in gran parte il testo del documento). Il che ha suggerito al corrispondente del Financial Times considerazioni importanti sul ruolo della blogosfera nel dibattito in corso. Lloyd, insomma, ha per lo meno provato a colmare una lacuna del convegno, che non ha chiamato sul palco alcun blogger. Anzi, se non era per lui la blogosfera sarebbe stata completamente “cassata” dal novero delle parti in causa. Piuttosto incomprensibile.
Fassino ha ripetuto argomentazioni già note per ribadire che è d’accordo su tutto tranne che sulla guerra, da non escludere a priori ma da lasciare come extrema ratio. Noto en passant che non mi sembra che il leader diessino abbia detto alcunché circa il rientro immediato delle truppe, probabilmente perché non se l’è sentita di sottoporsi alla ginnastica mentale che gli sarebbe costata la difesa delle posizioni alla luce del suo stesso ragionamento. Anche lui contrario alla guerra, Sofri ha svolto, da par suo (nonostante la convalescenza), un ragionamento problematico, ma ricco di suggestioni e di riferimenti concreti particolarmente evocativi.
La cosa più simpatica che ha Sofri detto è: «Qui siamo tutti di sinistra, persino Christian Rocca». Ma su questo vorrei dire una cosa. Questa: è inesatto dire, come ad esempio fa insistentemente Christian Rocca, che Christopher Hitchens è di sinistra. Certo, lo è stato—non da socialdemocratico, bensì da trotzkista!—e quelle sono le sue “radici” culturali, filosofiche e politiche, ma oggi non lo è più, anzi, non ne vuole proprio sapere. Personalmente ho memoria non solo di ciò che lui stesso ha detto e ripetuto più volte, ma anche degli appelli a “tornare a casa” che il suo estimatore e discepolo Johann Hari, un giovane giornalista e scrittore britannico, Lefty che metà basta, gli ha rivolto in più di una occasione. Ricordo perfettamente che una volta Norman Geras—che, lui sì, resta di sinistra e marxista nonostante tutto—rispose proprio a Hari che “essere di sinistra non è la cosa più importante” a fronte di una situazione quale quella attuale. Ora non ho il tempo di documentare quel che dico, ma sono in grado di farlo senza problemi se qualcuno ha dei dubbi. Si pensi che, addirittura, non ha neppure firmato lo Euston Manifesto (aveva detto che forse, chissà, lo avrebbe fatto, ma ancora la sua firma non c’è), e questo semplicemente perché si tratta di un documento partorito dalla sinistra.
“Dite pure che sono un neonservative, se proprio dovete” ha protestato “the Dude” in un articolo in cui parlava anche del Manifesto. Insomma, capisco che Hitchens è un’icona della sinistra di scuola anglosassone, e capisco anche che Rocca lo voglia additare ai nostri Leftists come un esempio da seguire e imitare per il suo sostegno alla causa dell’esportazione della democrazia, ma adesso Hitch è uno che ha cambiato idea, e non mi sembra sia il caso di far passare sotto silenzio questa realtà: se n’è andato dalla sinistra perché non poteva più starci. E non è il solo. Figurarsi: se uno come lui ha cambiato idea, quanto più facile può essere per chi non è mai stato marxista, trotzkista, ecc., bensì, più modestamente, un liberalsocialista, socialdemocratico e riformista?
Vabbè, cambiamo discorso. Per chiudere, segnalo che sul Foglio del 31 maggio, a completamento dell’operazione, Rocca ha parlato della sinistra americana. Per informarci che i neoconservatives stanno riconquistando il partito democratico, o qualcosa del genere. Fosse vero sarebbe una notizia.
[Questo post è stato pubblicato per la prima volta su windrosehotel.splinder.com il 5 giugno 2006. I commenti al post originale sono interessanti]
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