In materia di ricerca dell’Assoluto ogni persona segue un proprio itinerario: alcuni seguono le "dottrine", altri preferiscono percorsi "personalizzati". Come il Siddharta di Hermasnn Hesse, l'indimenticabile cercatore di infinito che non poteva accontentarsi, come il suo amico Govinda, neppure della dottrina di quell'altro Siddharta, Gotama, detto il Buddha, per quanto sublime potesse essere.
Tra quanti seguono le dottrine, i più ripercorrono i sentieri della tradizione del popolo cui appartengono, altri vanno alla ricerca, e alla fine trovano, tra le dottrine "esotiche", quella che più si addice loro: buddismo tibetano, Hare Krishna, Bagwan, New Age, e così via.
Nessuna obiezione: l'importante è trovare le risposte che si cercano, non limitarsi a praticare culti consuetudinari di cui non si avverte la bellezza e la vertiginosa profondità.
Il cristianesimo, da parte sua, è una religione che ha alla base un complesso sistema di dottrine e precetti, una Weltanschauung non del tutto "libera" e personale, anche se, come insegna Sant'Agostino, vi è un primato della coscienza individuale che può spingersi fino a rigettare persino punti qualificanti di quella stessa impostazione dottrinale.
Se dovessi tentare di esprimere il cuore del cristianesimo non mi allontanerei da quanto Giovanni l'Evangelista ha chiarito : Dio è Amore, e questo dice tutto. Il resto viene da sé. Il cristianesimo è la religione dell'Amore, perché il Dio cui si rivolge è l'Amore stesso.
Ma il cristianesimo ha anche affrontato in maniera molto esplicita un altro aspetto fondamentale, quello della “fede”, cioè del tipo di rapporto che è dato all'uomo di intrattenere con Dio. In altre parole: come possiamo "conoscere" Dio, come possiamo parlarne? Sicuramente non possiamo averne una conoscenza "sensoriale" (documentabile ed inequivocabile). Altrettanto sicuramente non possiamo averne una conoscenza "razionale", sia del tipo di quelle cui la scienza galileiana ci ha abituato, sia del genere di cui le varie scuole filosofiche post-cartesiane ci hanno insegnato a "fidarci".
E' stato Paolo di Tarso a spiegarci di che tipo può essere quella conoscenza di Dio cui possiamo aspirare in via ordinaria. E lo ha fatto mettendo in evidenza la "differenza" cristiana non solo rispetto all'approccio "miracolistico" caro ai suoi conterranei, ma anche rispetto all'approccio filosofico-razionale ritenuto irrinunciabile dai greci, la cui cultura egli ben conosceva. Cito dalla Prima Lettera ai Corinti:
"E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini." [il corsivo, naturalmente, è mio]
"Stoltezza" (a volte si legge "follia"), dunque. Il cristiano deve avere il coraggio di affrontare l'accusa di stoltezza e follia. Non deve minimamente risentirsene. Come non se ne risentiva Francesco, "il giullare di Dio".
Di ciò di cui non si può argomentare, diceva qualcuno, occorre narrare. O, come faceva Francesco, occorre testimoniare personalmente e con tutta la propria vita, fino alle estreme conseguenze. "Perfetta letizia", egli ci diceva, è appunto anche accettare di essere presi a calci e sputi a causa dell'incompatibilità del messaggio cristiano con le logiche care agli uomini di tutte le generazioni.
Scandalo e follia, molto probabilmente, sono le inevitabili conseguenze di una religione per la quale Dio è Amore.
[Questo post è stato pubblicato per la prima volta su windrosehotel.ilcannocchiale.it il 12 settembre 2003]
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