Un’occhiata appena, la notte scorsa, a Matrix e Porta a Porta, dopo il putiferio sull’imbarazzante scoop delle Jene. Una noia mortale. Un gran numero di parlamentari fa uso di sostanze stupefacenti o psicotrope? E sai che scoperta? Chi si indigna, chi si straccia le vesti, chi si scaglia in buona fede contro la mancanza di valori di questa società corrotta, chi ne fa una questione di diritto alla privacy. Il solito déjà vu. Mi domando, sinceramente, se a qualcuno sia venuto in mente che tutto questo, volendo, potrebbe anche essere considerato come qualcosa di maledettamente, banalmente normale. Provo a spiegare il mio punto di vista. Innanzitutto qualche domanda (vagamente retorica).
1) Non abbiamo forse una classe politica che vive soprattutto di chiacchiere estenuanti e rifugge assai spesso dalla dedizione umile e paziente allo studio sistematico e rigoroso di cosa ci si può inventare—e di come lo si debba tradurre in fatti—per far sì che possiamo guardare all’avvenire con un minimo di fiducia?
2) Non è l’apparire, il vendere fumo—no, non in quel senso, ovvio …—e il menare il can per l’aia l’occupazione generalmente prediletta da buona parte dei nostri eroi?
3) Non è sempre, o quasi, essenzialmente una questione di trovare non le soluzioni, ma le parole e le perifrasi giuste (dal punto di vista "ideologico," cioè in astratto), il tono giusto, insomma lo stile di comunicazione più adeguato al target, onde sopravvivere nel mare di discorsi, interventi, articoli, interviste, comparsate tv e chi più ne ha più ne metta?
Ebbene, se la risposta alle domande qui sopra dev’essere affermativa, come a me sembra, ecco che tutto si spiega. Chi ritiene, invece, che il nostro ceto politico si preoccupi, per così dire, più dei fatti che delle apparenze, continui pure a indignarsi. Il fatto è questo: chiacchierare, darsi sulla voce reciprocamente, duellare fieramente davanti alle telecamere è sicuramente stancante, oltre che gratificante (per chi si contenta), ma studiare, arrovellarsi su un problema, documentarsi, insomma fare le cose sul serio e per bene, è altrettanto certamente assai meno gratificante e molto più snervante, e soprattutto è una fatica che non può essere alleviata con nessun tipo di espediente … non c’è modo di venirne a capo con qualche “scorciatoia.” Quando si richiede il massimo di lucidità e di sobrietà intellettuale, quando le chiacchiere stanno a zero e si ha a che fare con la cruda realtà di un problema che assorbe tutte le nostre risorse mentali, c’è solo un modo per “tirarsi su:” riuscire nell’intento, portare a termine la missione.
La differenza tra l’una e l’altra attitude of mind è paragonabile a quella tra la guerra guerreggiata e la guerra simulata di un videogame. Nel secondo caso, malgrado i “giocatori” possano assumere tutte le pose dei veri guerrieri e sentire visceralmente la sfida, si tratta pur sempre e soltanto di un gioco, mentre nel primo, direbbe don Abbondio, “ne va, ne va della vita,” quella vera e, soprattutto, della morte, quella tosta, appunto, non la sua rappresentazione drammatica. E allora, per rimanere all’esempio, il simulatore di guerre più o meno stellari, assumendo droghe, può illudersi che la propria performance migliori—diventando, che so, più piacevole ed emozionante—, ma con ogni probabilità riesce solo a renderla meno efficace. Chi, invece, la guerra la fa sul serio, non potendo permettersi il lusso di commettere neppure il più piccolo errore, si guarda bene dall’”aiutarsi” con qualcosa che possa provocare sì una temporanea “felicità,” ma al prezzo assolutamente folle di una percezione distorta della realtà e dei rischi che ciò inevitabilmente comporta.
Ecco perché, a mio avviso, il problema vero non sono i vizi privati dei parlamentari, bensì il Vizio di una politica ridotta a chiacchiera, a puro divertissement. Il ben noto «teatrino della politica». Déjà vu, déjà vécu, appunto. Gli attori si muovono sulla scena esattamente come il copione richiede: vivono di apparenze e finiscono per cedere a tutte le tentazioni cui questa effimera condizione esistenziale li espone.
P.S.: Prevengo qualche obiezione scontata. Questo è il post più "qualunquista" che mi sia mai capitato di scrivere. Ne sono consapevole, come mi rendo perfettamente conto che non si può fare di tutta l'erba un fascio, ecc., ecc. Faccio però notare che trovo sconcertante lo "stupore" generale, sebbene personalmente sia assolutamente contrario all'uso di droghe di qualsiasi tipo. Non voglio neppure prendermela con l'ipocrisia di chi fa finta di cadere dalle nuvole, ho solo messo l'accento sulla causa piuttosto che sugli effetti.
Ok, grazie, mi fa piacere che il tasso di qualunquismo ti sembri molto basso. Alla "filosofia" ..., beh, capirai, mi riesce difficile rinunciare, anche perché altrimenti mi tocca cedere ad una tentazione alla quale tu, per una giusta legge della compensazione blogosferica, tieni le porte spalancate! Non che tu non abbia la tua parte di ragione, però, sia ben chiaro. Solo che poi, ahi-ahi-ahi, caschi anche tu: non nella filosofia, ma nell'auspicio che certi personaggi possano rinunciare a impartire delle lezioni al prossimo: altro che filosofo, caro Ernie, tu sei un utopista! ;-)
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