Oggi Severgnini ha superato se stesso affrontando un argomento spinoso : la considerazione degli italiani all’estero. Rispondendo ad un lettore indignato, che protesta contro i pregiudizi anti-italiani e chiede maggiore durezza con chi esagera con le battutacce e le insinuazioni, ha sfoderato un’acutezza e una lucidità di cui, malheureusement, non sono in molti a fargli credito. Ha cominciato riconoscendo di aver sbagliato a minimizzare certi fenomeni:
In effetti, per anni, la mia risposta è stata: inutile reagire con rabbia o scegliere l’autarchia psicologica (ci ha provato il fascismo: non funziona). Meglio rispondere con serenità e, soprattutto, col comportamento. (…) Tuttavia, lo ammetto: le cose non migliorano. E l’atteggiamento di qualcuno, all’estero, appare veramente odioso. Parmalat ha appena mostrato come le critiche (giustificate!) al sistema di controlli in Italia si mescolino a brutalità storico-antropologiche sugli italiani (ingiustificate e superficiali). E ci cascano fior di giornali: non gli avventori nei pub delle Docklands (Londra), dopo quattro pinte di bitter.
Il ragionamento prosegue—inclinando un po’, stavolta, anche verso gli odiosi detrattori—con un intelligente riferimento alla situazione politica:
E’ vero che Silvio Berlusconi funge da catalizzatore. E’ inutile ripetere cose dette e scritte mille volte. Ma le sue televisioni, le sue amicizie, i suoi processi, le sue leggi, il suo stile, le sue battute e il suo lifting ne fanno un caso unico al mondo. Questo non è un giudizio: è un fatto. E la cosa non ci aiuta. Questo non è un fatto: è un giudizio.
Già, in effetti, non aveva mica torto il kapò (tormentone della scorsa estate), o l’Economist (quello che definiva il premier italiano unfit to lead Europe, se ricordo le parole esatte), che difatti Severgnini ha approvato entusiasticamente. Quel che è da dire è da dire, insomma. Ha ragione lui, mica quelli che si sono ribellati—come purtroppo il titolare di questo blog—e che, pur non essendo mai stati berlusconiani, hanno disapprovato un linguaggio così pesante nei confronti del Capo del governo italiano da parte di organi di stampa e uomini politici di paesi esteri che non sono propriamente in guerra con l’Italia. Insomma, riconosciamo i nostri errori anche noi, come Severgnini!
E poi, se è consentita una parentesi “letteraria”, che meraviglia quel gioco di parole (…Questo non è un giudizio: è un fatto. E la cosa non ci aiuta. Questo non è un fatto: è un giudizio). Che poi non è solo un gioco di parole : i fatti distinti dalle opinioni! Molto british, oltretutto. Come l’Economist insegna anche ai più duri di comprendonio.
Ma Severgnini riguadagna subito la sponda anti-anti-italiana, e aggiunge:
L’Italia ha personalità, fin troppa, nel bene e nel male. L’«immaginario mafioso» ha riempito il cinema e la letteratura, il linguaggio e la pubblicità. Spesso sull’argomento si buttano gli stranieri; ma qualche volta noi italiani li precediamo, o li incoraggiamo. Comunque, li perdoniamo. Nessun’altra nazione avrebbe avuto l’onestà di esportare «La Piovra», o la generosità (leggerezza?) di tollerare i «Sopranos».
OK, d’accordo per quanto riguarda La Piovra, il mondo ci è debitore di eterna riconoscenza per aver mostrato a tutti e con un’insistenza maniacale il nostro aspetto peggiore, però si poteva pure evitare … Ma fin qui nulla di nuovo, l’hanno già detto in tanti. Quel che sorprende—e nel contempo illumina inopinatamente le intelligenze pigre degli osservatori distratti della realtà—è il riferimento ai Sopranos. Una fiction che allo scrivente (povero stolto!) era sembrato un capolavoro di ironia e di intelligenza, di garbo e originalità, un modo elegante per sfotticchiare non tanto gli italoamericani—che per altro vi risultano molto più simpatici di quanto non sembrino nella stragrande maggioranza dei film d’autore che narrano di mafia americana—quanto certe compulsioni a delinquere vagamente pavloviane e un horror vacui che forse sta alla base di tante nevrosi.
Quale raffinato esercizio ermeneutico è mai questo, che ci mostra una realtà capovolta rispetto a quella che vediamo, che ci fa toccare con mano i nostri limiti interpretativi e nel contempo non ci umilia, ma ci innalza alle altitudini himalayane frequentate da quell’intuizione montanelliana che si chiama Beppe Severgnini? Già, il grande Montanelli—lo scopritore e il mentore, appunto, di un siffatto talento naturale. Nessuno è perfetto, come lui ci ha insegnato. E ne abbiamo appena avuto un’altra conferma…
[Questo post è stato pubblicato per la prima volta su windrosehotel.splinder.com il 12 febbraio 2004]