September 5, 2006

Ciao 'Cipe'

Per essere uno che è sempre stato interista, nella buona e nella cattiva sorte, sono magari eccessivamente distratto riguardo a quello che succede dentro, intorno e fuori della F.C. Internazionale, guardo troppo poco le trasmissioni dedicate al calcio, leggo ancor meno i quotidiani sportivi, ecc., ecc. Quindi anche di quel che faceva, pensava e diceva Giacinto Facchetti ho saputo pochissimo.

Ma forse c’è anche un’altra circostanza che giustifica la mia disinformazione: la natura schiva e riservata di quel grande, caro, vecchio campione, che faceva in modo che le sue uscite pubbliche fossero tanto sobrie e misurate quanto, inevitabilmente, poco appetibili dal punto di vista dei media. Ma oggi, in un momento così triste, l’informazione è giustamente straripante, e mi si è offerta l’occasione di colmare di colpo il gap. E ho ritrovato il Facchetti che era nascosto nell’archivio dei miei ricordi infantili e adolescenziali.

Ho ricordato quanto ho voluto bene a quel tipo che trasvolava da una parte all’altra del campo di gioco, leggero ed elegante—malgrado la forza di quelle «ali», cioè di quelle due pertiche che facevano assomigliare la sua corsa a quella di una cicogna che saltella o a quella di qualche altro simpatico animale dotato di leve altrettanto lunghe e potenti. E ho realizzato in maniera consapevole ciò che inconsapevolmente già sapevo, e cioè che quel suo carattere, quella sua lealtà, discrezione, dignità, o chiamatela come vi pare ché tanto sempre la stessa roba è, era la ragione di fondo per cui non incuriosiva più di tanto l’opinione pubblica—e, ad essere sincero, neppure me—quello che Giacinto Facchetti, detto Cipe, poteva dire, fare, pensare: di solito, quel genere di persone dice, fa e pensa semplicemente quello che ci si aspetta da uomini di quello stampo, cioè la cosa giusta. E la cosa giusta—sofismi vari e filosofie a parte—è esattamente il contrario di ciò che stimola la curiosità. E’ giusta e basta, crudamente giusta.

Cipe resterà nel cuore di molti. E non è solo un modo di dire, è che abbiamo bisogno di sapere che uomini come lui—uomini, non soltanto campioni—sono esistiti veramente, non in un film. E’ che abbiamo bisogno di confidare che altri ce ne siano, nascosti tra la folla, di Giacinto Facchetti. Per questo non è il caso di sottilizzare sull’iperbole che è dato di leggere sul sito ufficiale dell’Inter:

«Era già Sua la storia. Ora siede sul trono dell’Eternità.»

A volte si ha il diritto e il dovere di dar fiato “senza pudori” ai sentimenti più profondi.

Per concludere, qualcosa che si legge sul sito ufficiale dell’Inter.

Dalla lettera aperta di Massimo Moratti:

Qualche mese fa ti chiedevo un po’ scherzando un po’ sul serio come mai non riuscivamo ad avere un arbitro amico, tanto da sentirci almeno una volta protetti, e tu, con uno sguardo fra il dolce e il severo, mi rispondesti che questa cosa non potevo chiedertela, non ne eri capace. Fantastico. Non ne era capace la tua grande dignità, non ne era capace la tua naturale onestà, la sportività intatta dal primo giorno che entrasti nell’Inter, con Herrera che ti chiamò Cipelletti, sbagliandosi, e da allora, tutti noi ti chiamiamo Cipe. Dolce, intelligente, coraggioso, riservato, lontano da ogni reazione volgare.Grazie ancora di aver onorato l’Inter, e con lei tutti noi.

Dal commento di Susanna Wermelinger (Direttore Editoriale dell'Inter):
Era un uomo da re e da operai. Era un amico leggendario. Era un eroe da romanzo, Arpino lo sapeva bene. Un romanzo di vita, di classe, di essenzialità.La prima cosa che faceva dopo le partite, era chiamare casa, i suoi figli, e Massimo Moratti. Troppe volte, quando qualcuno scompare, di lui si cercano le solo le cose buone. Il fatto è che di Giacinto Facchetti puoi dire solo quelle, che di cose cattive non ne trovi.

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