Il resto del commento suona così:
[S]e ci fosse stata la necessità di una controprova sulla verità racchiusa nel discorso pronunciato a Ratisbona da Benedetto XVI, oggi ce l’abbiamo. Il Papa ha messo a confronto le religioni che utilizzano il Logos, la ragione, per acquisire anime a Dio, e quelle che usano la spada per conquistarle. Si sarà pure espresso imprudentemente, o avrà pure usato una citazione sbagliata. Non è questo che a noi, laici e volterriani, e comunque cittadini delle democrazie liberali importa. Ciò che rileva è che la risposta del mondo musulmano, fondamentalista, moderato e persino democratico, è stata l’immediato metter mano alla spada, diplomatica o terroristica che fosse.
Queste parole, penso, sono condivisibili non soltanto dal punto di vista di “laici e volterriani.” Lo sono anche, almeno sostanzialmente, da quello di parecchi cattolici praticanti. Imprudente o meno—ma davvero si può pensare che non si sia trattato di un’imprudenza attentamente calcolata?—, Benedetto XVI ha detto semplicemente la verità. E giustamente Taradash osserva che oggi quelle parole hanno trovato conferma nei fatti.
La conclusione di Taradash è la seguente:
Ciò che deve terribilmente preoccuparci è che oggi non è più permesso a nessuno (né a Theo Van Gogh, né a Oriana Fallaci, né agli intellettuali musulmani laici e liberali) esprimere un dubbio sulla lettura che di sé dà chi oggi si ritiene interprete della civiltà islamica nel suo complesso, al di là delle letture spesso contrapposte che ne vengono offerte. La replica alle opinioni controverse non è mai nei termini di uno scontro polemico che si mantiene sul terreno della ragione, ma si arma di indignazione, offesa, intimidazione e minaccia. Sembra non esserci altro riflesso che la repressione e la censura. Benedetto XVI ha tutta la nostra solidarietà per la reazione violenta di cui è stato vittima da parte di governi e organizzazioni islamiche. Ma anche per le sue riflessioni sui secoli bui delle guerre di religione, quando il mondo cristiano sostituì la spada alla Croce e i roghi allo Spirito, e per il richiamo che rivolge a tutte le religioni perché rinuncino alla violenza e all’odio.
Ho sempre pensato che nell’area radicale ci sia un tasso di intelligenza e di saggezza politica assolutamente non comune, una capacità di cogliere il nocciolo vero delle questioni sul tappeto che purtroppo rappresenta l’eccezione e non la regola nelle dispute che animano, e spesso non arricchiscono neanche un po’, il dibattito politico. Questa circostanza mi conferma nella convinzione.
Il fatto, infine, che oggi, all'Angelus, il Pontefice si sia sentito in obbligo, a causa della virulenza delle reazioni suscitate da quel passo della sua lectio, di dirsi "rammaricato" e di chiarire che la citazione del dialogo tra l'imperatore-filosofo di Bisanzio e il dotto persiano "non esprime il suo pensiero," paradossalmente ... è un'ulteriore conferma dell'assunto di partenza: siamo di fronte a una cultura dell'odio e dell'intolleranza che è distante anni-luce da quella che affonda le sue radici nella tradizione giudaico-cristiana. E il Papa, onde evitare una vera e propria catastrofe diplomatica, o peggio ritorsioni omicide—fattispecie alla quale forse appartiene il tragico episodio di Mogadiscio—, è dovuto correre ai ripari.