Comunque le questioni fede/ragione e religione/politica stanno tirando da matti in questi mesi, grazie naturalmente al (o per colpa del) papa filosofo. Purtroppo, però, sono argomenti che poco si prestano sia alle sintesi giornalistiche sia ai dibattiti blogosferici, a mio parere. Una dimostrazione, di ciò, a voler essere “tignosi,” l’ha fornita l’articolo di Christian Rocca sul Foglio di ieri, dal quale si evincono tante cose ma nessuna che renda bene l’idea di ciò di cui ci si sta occupando …, ma è chiaro che il mestiere di cronista ha le sue regole, ovvero—se mi si passa l’espressione—le sue impudicizie, un po’, se vogliamo, come quello del blogger, anche se quest’ultimo ha meno giustificazioni, non essendo propriamente un mestiere ma un’attività teoricamente molto più libera, in quanto volontaristica (e spesso velleitaria che metà basta!), che non deve sottostare agli ordini del direttore del giornale o del capo redattore—tipo: “Fammi per domani un pezzo su questa cosa del dibattito sulla religione e la politica in America”—ma solo al libero arbitrio (e all’incoscienza) del titolare del blog.
Insomma, uno dovrebbe accorgersi quando un tema non è “a portata di mano”—per ragioni obiettive, prima di tutto, cioè di “genere letterario,” di spazio a disposizione, di contesto, ecc., e, secondariamente, nel caso (non necessariamente), per ragioni attinenti la soggettività di chi scrive, quali la propria formazione culturale, i propri interessi, capacità, attitudini, sensibilità, e così via. Il che non deve costituire un divieto tassativo a occuparsi di certe questioni, quanto piuttosto dovrebbe indurre a letture preventive molto approfondite, nonché ad una certa circospezione, ad una prudenza di gran lunga superiore a quella che si richiede quando si affrontano argomenti più leggeri.
Premesso questo, o meglio, assodato che tutto quanto sopra argomentato vale in primis per lo scrivente, faccio solo qualche strampalata riflessione a voce alta, senza alcuna pretesa, in margine alla questione del rapporto tra religione e politica, cercando di rendere l’idea di una convinzione che mi sono fatto nei mesi scorsi, dopo qualche lettura molto interessante.

Detto questo, non credo che la salvezza spirituale (e di conseguenza quella politica) possa venirci dall’altra sponda dell’Atlantico. Per tante ragioni, la prima delle quali è—come Weigel non esita a riconoscere—la differenza abissale tra la storia e le tradizioni degli Stati Uniti e quelle dell’Europa, che si traduce nella non esportabilità di certe attitudes of mind tipicamente americane, alcune delle quali invidiabili, altre un po' meno, nel nostro contesto. In secondo luogo—ma in forma assai più dubitativa che assertiva—resto piuttosto perplesso sul preteso gap di religiosità e di moralità pubblica e privata tra la Old Europe e la patria di Thomas Jefferson, se si tiene conto dell’intero panorama americano, che presenta anche scenari un po’ diversi da quelli cui George Weigel fa riferimento. Per parte sua, va detto, lo stesso Weigel, non manca di sottolineare le contraddizioni del suo Paese.
Insomma, la “lezione” che, sia pure con grande intelligenza e sulla scorta di una sincera preoccupazione per le sorti dell’Europa, George Weigel ci ha voluto impartire con il suo libro fatto di tanti altri libri può valere fino a un certo punto, o meglio, vale per gli Usa—con la loro specificità e con quella che viene correntemente definita l’«anomalia americana», più nel bene, complessivamente, che nel male—più di quanto possa valere per l’Europa. Ecco perché affannarsi a rincorrere modelli americani serve a poco, se non è addirittura una perdita di tempo e uno spreco di energie.
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Poi ho letto Neocon e teocon, di Flavio Felice, direttore dell’Istituto Acton di Roma. Un volumetto volutamente molto più abbordabile di La Cattedrale e il Cubo, ma non del tutto privo di complicazioni (e vorrei vedere il contrario!).
Il guaio della blogosfera e dei giornali è che è così improbabile che si discuta di libri dopo averli letti e meditati. E questo post, per chi non avesse ancora afferrato, è appunto una calorosa esortazione ...