Erano solo quattro imbecilli, ha detto, e già su questo modo disinvolto di minimizzare ci sarebbe molto da dire. Ma il punto non è questo. Il punto è che accanto a loro ha sfilato anche lui.
Estremisti, pazzoidi, spalleggiatori di terroristi e fans dei dittatori ci saranno sempre, è più forte di loro, è un’attrazione fatale per il fascismo e per tutto ciò che gli assomiglia (malgrado la sgargiante vernice rossa dietro cui così spesso si nasconde), un apprezzamento sottinteso, e a volte neppure tanto, per i regimi più sanguinari—per i quali c’è sempre una parola di comprensione, una giustificazione—che spesso sfocia in comportamenti patologici e demenziali.
Questa gente è presente in Francia, in Germania, in Gran Bretagna—basta leggere la sezione dei commenti in alcuni blogs “blairiani” per rendersene conto e vedere fino a che punto può arrivare un odio atavico per la democrazia liberale, un disprezzo totale per le “libertà borghesi” e chi se ne fa paladino. Sono cose che sappiamo, che riconosciamo a fiuto lontano un miglio.
Ma, appunto, il fatto è che accanto a loro c’era anche il segretario di un partito che fa parte della maggioranza politica che esprime il legittimo governo del Paese. Ed è questo che è inaccettabile. Non perché non ce lo aspettassimo: conosciamo bene il punto di vista di Oliviero Diliberto su certe questioni. E neppure perché lo consideriamo granché diverso da quelli che hanno gridato: «L'unico tricolore da guardare è quello disteso sulle vostre bare». Semplicemente, da sabato 18 novembre in poi, non è più accettabile la permanenza di uomini di quel partito nel governo. Ecco perché, se l’Italia—come amava auspicare il nostro ministro degli Esteri—fosse un Paese normale, oggi tutti i giornali, le agenzie e i telegiornali ci avrebbero confortati con una grande notizia. Ma siccome normali non siamo, quella notizia non è arrivata né mai arriverà.
Dalla sinistra, qualcuno, tra cui chi scrive, si è già dimesso a causa di certe contiguità. Purtroppo, dimettersi da cittadini italiani—tentazione automatica in circostaze analoghe e in assenza di "decisioni drastiche" da parte di chi sarebbe moralmente tenuto a prenderle—è un po’ più complicato, anche ammesso che sia giusto (e non credo affatto che lo sia). La morale della favola è che dovremo tenerci Diliberto. Almeno fintantoché la parola non verrà ridata al popolo. Io ho fede nel popolo.
UPDATE: 20 Novembre, ore 9:20
Da non perdere l'editoriale di Angelo Panebianco sul Corriere di oggi, lunedì 20. Non si parla solo della manifestazione di Roma: ce n'è anche per quella di Milano. E la conclusione del ragionamento è che
le componenti riformiste della maggioranza dovrebbero fare di più, forse molto di più [...]. Anche a costo di scontrarsi con la sinistra estrema.