La notizia è di quelle che non scorrono via come acqua fresca—magari anche un po’ sporca—e subito le puoi archiviare come l’eterno deja vu. Che l’Uomo di Teheran sia stato preso a male parole da un gruppetto di studenti non è esattamente come l'oltraggio subito in quel di Bologna dal suo, per così dire, omologo di Roma. Vittima, il primo, di qualche sconsiderato, ma invero coraggiosissimo, giovanotto (sostenuto da giovinette non manco ardite e sprezzanti del pericolo). E vittima, il secondo, più del destino cinico e baro che gli ha comandato di governare un popolo di malati di mente—per ripetere, addolcendolo, il suo severo e inappellabile giudizio—che dell’ignoranza e della protervia di qualche decina di imberbi studentelli. Ed entrambi, s’intende, uomini d’onore e degni del massimo rispetto, ancorché, dei due, l’uno sia quel che si dice un Gengis Khan redivivo, per quanto sa essere terribile nell’ira e nell’odio dell’inimico, e l’altro, più modestamente, un Balanzone che non metterebbe paura neppure travisato da Dracula il Vampiro (cui pur si compiace di fare il verso in tempo di Finanziaria, a voler dirla tutta).
Ma lasciando da parte tutte le differenze e le somiglianze tra i due infausti episodi—cui solo il Caso ha voluto malignamente conferire una contiguità temporale—e concentrando com’è giusto e sacrosanto la nostra attenzione sull’Uomo di Teheran, non si può non sottolineare con forza la magnifica reazione dell’illustre Offeso, il quale, rispondendo all’infame auspicio di quella plebaglia scatenata («Morte al tiranno!», purtroppo …), ha fatto notare che «la minoranza che sostiene che non ci sia libertà di parola sta impedendo alla maggioranza di sentire il mio discorso». Quanta signorilità! E quale acutezza, quale sfoggio di politcal correctness! Un vero peccato, tuttavia, che l’agenzia di stampa ufficiale iraniana, Irna, non abbia menzionato la protesta e che la tv di Stato abbia bensì dato notizia del discorso del presidente, ma senza riferire della contestazione (le uniche informazioni disponibili sono arrivate dalla semi-ufficiale agenzia Fars). Davvero indegna di questo grande Leader la meschineria perpetrata dalle servili agenzie d’informazione ufficiali! Possiamo ben immaginare lo sdegno del Capo Supremo quando (e se) scoprirà l'improvvida omissione ...
Ma, attenzione, la rispostina di cui sopra non è ancora niente, infatti il “tiranno”—è chiaro a tutti l'affetto con il quale uso il termine, al limite del paradosso!—ha aggiunto quest’altra perla di saggezza politica: «Per anni abbiamo combattuto contro la dittatura (dell'ex Scià, ndr) e per i prossimi mille anni nessuno potrà costituire una dittatura in Iran, nemmeno in nome della libertà». Già, perché le dittature, quelle vere, si mettono su «in nome della libertà», mica del fanatismo religioso, della lotta di classe di stampo marx-leninista, dell’antisemitismo, del razzismo in genere e di simili, volgari imitazioni dell’unico e vero Modello! No, amici, compatrioti, cittadini delle democrazie plutocratiche dell’Occidente, la sola e autentica tirannia è quella che si nasconde dietro il paravento della vostra libertà, anzi, è la libertà medesima! Parole indimenticabili. E, per favore, non andate alla ricerca del solito pelo nell’uovo domandandovi come si concili questa affermazione con la precedente, cosa ci azzecchi, cioè, l’equiparazione tra libertà e dittatura con la rivendicazione da parte del Presidente della (propria) libertà di parola. Davvero, credetemi, se non l’avete capito, non avete capito niente.
Lasciate, dunque, a chi invece ritiene di aver capito qualcosa, gridare alto e forte, qui ed ora, all’unisono con gli studenti dell'università Amir Kabirdi di Teheran, il mio personale e convinto
«Morte al tiranno!», nella speranza che diventi il grido di un’intera nazione, e se possibile dell’universo mondo. E, mi raccomando, capite bene a cosa e a chi alludo con il funesto auspicio ...