Prosegue sul Foglio di oggi la meritoria campagna d’informazione e sensibilizzazione sulla sorte degli studenti di Teheran che l’11 dicembre (non il 12, come erroneamente riportato) avevano osato contestare duramente il presidente ultra-conservatore Mahmoud Ahmadinejad. L’articolo—che accenna anche alla manifestazione di protesta di ieri, davanti all’ambasciata della Repubblica Islamica—fa un quadro non proprio incoraggiante per quanto riguarda la repressione che sarebbe in atto nel paese. Di positivo c’è, naturalmente, che stiamo parlando di una situazione in movimento: la rivolta ormai è scoppiata. Tra le notizie sulle iniziative internazionali a favore degli studenti, una curiosità: lo scherzetto da prete—un’autentica nemesi!—che dei giovani danesi hanno fatto ad Ahmadinejad, facendo pubblicare sul Teheran Times un certo messaggio apparentemente elogiativo …
Credo di fare cosa utile alla buona causa di cui si parla riproducendo per intero l’articolo qui di seguito. Sulla stampa internazionale, inoltre, segnalo gli articoli di The Telegraph (già citato qui nei giorni scorsi), The Guardian, The New York Times e della BBC.
In Iran è iniziata la caccia allo studente, dopo le manifestazioni e gli scontri all’Università Amir Kabir di Teheran durante la visita del 12 dicembre di Mahmoud Ahmadinejad. Le milizie del regime dei mullah hanno cominciato a setacciare i dormitori universitari per scovare e arrestare chi ha bruciato ritratti del presidente, chi ha lanciato una scarpa contro di lui e chi ha gridato “morte al tiranno”. Il ventunenne che mostrava un cartello contro il “presidente fascista” è fuggito nella clandestinità dopo essersi scontrato con due vigilantes di quartiere che lo hanno minacciato di “tirare fuori il padre dalla tomba. E’ in grave pericolo”, come ha detto al Guardian uno studente. Alcuni suoi compagni sono scomparsi e si teme siano finiti nella camera della tortura della prigione di Evin. Con le ronde delle milizie bassiji nei campus, altri studenti si preparano alla clandestinità, perché le autorità “reagiranno molto più duramente di prima – ha spiegato uno dei leader, Armin Salmasi – Il movimento studentesco sta per tornare sotterraneo, come prima della rivoluzione”. Ieri sera a Roma, davanti all’ambasciata iraniana, si è tenuta la manifestazione organizzata da molte associazioni giovanili italiane: “Dove sono finiti?”, era lo slogan. Lunedì, trecento esponenti della comunità ebraica britannica e di altre organizzazioni di ragazzi hanno partecipato a una veglia davanti alla sede diplomatica di Teheran a Londra. La comunità ebraica canadese si è riunita ieri a Toronto per “la verità, la luce e la libertà”. Alcuni studenti d’arte danesi burloni hanno comprato una pagina pubblicitaria del Teheran Times, pubblicando – sotto il ritratto di Ahmadinejad – una lista di slogan apparentemente favorevoli al presidente, come “sostenete la sua lotta contro Bush” e “l’Iran ha diritto di produrre energia nucleare”. Scorrendo in verticale le prime lettere di ciascuna frase, gli iraniani hanno potuto leggere: “M-a-i-a-l-e”. “Abbiamo preso in giro Ahmadinejad perché non pensiamo sia molto liberale e sensibile”, ha spiegato Jan Egesborg del gruppo artistico Surrend. I mullah hanno dato inizio all’opera di demonizzazione degli studenti. Il vicepresidente del Parlamento, Mohammad Reza Bahonar, ha accusato i manifestanti di essere “promotori di sesso e alcol”. Le intimidazioni – ha risposto Ali Azizi, vicesegretario dell’assemblea degli studenti della Amir Kabir – non riusciranno “a smorzare la protesta contro il governo e i suoi sostenitori”. Dopo la purga delle università – più di cento professori liberali costretti al pensionamento, 70 studenti sospesi, due arrestati e 181 ammoniti per attività politiche, decine di pubblicazioni e associazioni chiuse – il movimento si è risvegliato dal lungo sonno. Quando il nuovo rettore della Amir Kabir, l’ayatollah Amid Zanjani, ha compiuto la prima visita in facoltà, gli universitari gli hanno strappato il turbante. Il 6 dicembre migliaia di studenti gli hanno ribadito che “questo non è un seminario religioso, ma un’università”. Secondo l’ex leader Alireza Siassirad, “gli studenti sono definitivamente tornati attivi e il segnale è molto pericoloso” per il regime. Le manifestazioni sono pianificate, coordinate e non si limitano alla capitale: lo stesso 12 dicembre, all’Università di Shiraz, gli studenti hanno fischiato e interrotto il ministro dell’Interno, Mostafa Pour Mohammadi, che elogiava la convocazione di cinquanta dei loro da parte dei consigli di disciplina delle milizie. Gli studenti potrebbero catalizzare lo scontento sociale per il regime dei mullah, ma lamentano la poca attenzione della comunità internazionale impegnata – senza risultati – nella questione nucleare. Nel frattempo, i cristiani iraniani subiscono la loro repressione natalizia. Secondo il Comitato di sostegno ai diritti umani in Iran, gli agenti della Vevak – il ministero delle Informazioni e della Sicurezza dei mullah – hanno arrestato numerosi cristiani di Teheran, Karadj e Racht, confiscato libri religiosi e immagini pie e vietato le cerimonie per la natività. L’obiettivo è ottenere l’abiura della fede.