“Da qualche tempo sono poco informato sulle faccende dei miei amici radicali.” Così Adriano Sofri, all’insegna dell’understatement, esordisce in un lunghissimo articolo, pubblicato oggi (cioè ieri, oramai) sul Foglio, che dei radicali e del particolarissimo momento che stanno vivendo, malgrado l’incipit, tenta di carpire il travaglio segreto e, nel contempo, pubblico. Qualcuno parla di “linciaggio” nei confronti di Daniele Capezzone, l’ex delfino di Marco Pannella che ha osato ribellarsi al vecchio patriarca: una storia lunga, culminata con l’annuncio “autonomo” di non essere disposto a votare la fiducia al governo Prodi. Sofri, in realtà, dimostra di aver capito un mucchio di cose.
E’ sempre difficile riassumere l’idea che Sofri si è fatto su qualcosa e che decide di esternare per contribuire a spianare la strada alla comprensione di un fenomeno. Questo perché, come anche recentemente mi è capitato di notare, a lui non interessa quasi mai, first and foremost, farsi capire al volo, quanto suggerire dei percorsi, sì, diciamo, esplorare frammenti di complessità e contraddittorietà del reale, ripercorrendone sviluppi talvolta marginali, o apparentemente tali, storie dense di materia vivente e pulsante. Non so se rendo l’idea, fatto sta che, anche in questo caso, il quadro tracciato da Sofri è semplicemente straordinario, acutissimo. Altro che poco informato! Lo sarà, magari, ma sugli aspetti meno utili a ricostruire il senso di ciò che accade.
Va letto, indubbiamente, questo articolo. E dovrebbero leggerlo non solo gli appassionati della tribù radicale, ma, per esempio, anche tutti coloro che si domandano se le “categorie stantie” di destra e sinistra abbiano ancora un senso. Ce l’hanno, dice Sofri, anche se hanno ampiamente e giustamente stufato. Ce l’hanno, quanto meno, se si vuol capire quello che sta succedendo ai radicali. Destra e sinistra, nel caso radicali-Capezzone, sono la chiave di volta. I radicali, infatti, sono di sinistra: certo, “quella sinistra libertaria dei diritti e delle persone […] contro la sinistra dogmatica, statalista e autoritaria.” Capezzone mica tanto. In tal senso i radicali sono un ponte tra passato e futuro, tra un tempo in cui essere di sinistra era una faccenda maledettamente importante e uno in cui probabilmente sarà più che altro una questione di «radici», di storie personali e collettive che aiutano, sì, a capire ciò che siamo, ma non a decidere che fare e come farlo, con chi e a quale scopo.
Capezzone si è fatto “evangelista di quel profeta” che è stato Marco Pannella. Ma i profeti devono morire per avere i proprii evangelisti. Sofri, con Pannella, ha parlato tante volte della morte. Ci siamo andati entrambi molto vicini, dice. Dunque parliamone, “e Marco deve, per così dire, fare testamento. Forse non per lasciare il partito in eredità a qualcuno, ma almeno per impedire che vada a qualcun altro” (la destra?). E ancora: i radicali, “dentro, ma fuori del Palazzo,” sono tanto intensamente cristiani da essere nel mondo senza essere del mondo. E Capezzone è stato forse troppo di questo mondo per non urtare il Capo. Troppo mediaticamente dentro, al limite dell’eresia.
In ogni caso, spiega Sofri, tutto quello che sta succedendo a Largo di Torre Argentina è “decisamente normale.” Tanto normale, aggiungerei, che ci si può riconoscere anche senza essere (mai stati) radicali.
FI:radicali=Silvio:Marco
ReplyDeleteQuindi:
ReplyDeleteSivlio=(Marco x FI)/radicali
ed essendo i radicali prossimi allo zero ne vien fuori che Silvio tende quasi all'infinito.
:-)
Domenicotis