Fortunatamente, su la Repubblica di ieri, Federico Rampini ha concesso ai suddetti un surrogato di visita che, potenza della parola, riesce comunque a dare l’idea di qualcosa di veramente sublime. Peccato che, a quanto mi consta, quelle due pagine di (grande) corrispondenza da Agra non siano on-line.
Rampini, ad ogni buon conto, ci informa sullo stato di salute del celeberrimo mausoleo, quasi a sottolineare che c’è sempre tempo:
Eppure resiste, in uno stato di salute stupefacente, per ricordare che in India i miracoli sono possibili. Il più importante è di quattro secoli fa, un girello dell’arte di tutti i tempi nato dall’amore fra un uomo e una donna, e dall’incantevole unione tra la civiltà indiana e l’Islam.
Per il momento, mi limito a trascrivere altre due citazioni riportate nell’articolo:
“E’ l’incarnazione di tutto ciò che è puro, santo e infelice. E’ il cancello d’avorio sotto il quale passano i sogni.”
—Rudyard Kipling
“Il Taj Mahal è, ben oltre il potere delle parole per descriverlo, una cosa adorabile, forse la più adorabile di tutte le cose.”
—Salman Rushdie
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