August 8, 2007

In buona compagnia

Ci risentiamo verso la fine del mese, ma vi lascio, spero, in buona compagnia con i due post precedenti. Del resto, ci sono tanti modi di esprimersi, e la musica a volte può essere più efficace dei discorsi …

Ma per gli irriducibili amanti del logos ho un’altra proposta: i diari di Ronald Reagan, pubblicati da poco negli States. Qualche tempo fa ho letto la recensione del Washington Post, ma quello che mi ha convinto a procurarmi al più presto il libro è questo post di un amico blogger canadese. Cari saluti a tutti.

Seven Spanish Angels


Willie Nelson reached his greatest fame when the so-called ''Outlaw country'' movement—a reaction to the Nashville sound, which was supposed to be softening the raw honky tonk sound—were whooping it up all over the U.S. during the late 1960s and the 1970s. Among the ''outlaws,'' apart from Willie himself, were musicians such as Waylon Jennings, David Allan Coe, Billy Joe Shaver, and—the most influential of them all—Johnny Cash, with his stripped-down music and straightforward lyrics.

In the video Willie and The Genius are singing together an awesome song: ''Seven Spanish Angels'' … an inspiring experience.

August 1, 2007

Hello Darlin'

Frank Sinatra once called him “the second best white male singer.” Of course, there is no doubt about the fact that he meant second best to Frank Sinatra, himself ... In turn, Johnny Cash, once was asked who his favorite singer was—his answer was, “You mean besides George Jones?” As a matter of fact George Jones is often cited as the finest vocalist in the history of country music.

In his Country Music, USA, Bill C. Malone wrote: “For the two or three minutes consumed by a song, Jones immerses himself so completely in its lyrics, and in the mood it conveys, that the listener can scarcely avoid becoming similarly involved.”

In January this year the Grammy Hall of Fame honored George Jones by inducting his 1980 hit, "He Stopped Loving Her Today" into the Grammy Hall of Fame.

In the video, George is performing a moving rendition of Conway Twitty’s hit song “Hello Darlin’,” shortly after his death. Conway was one of the United States' most successful country music artists of ever. Dolly Parton, Johnny Cash & June Carter-Cash are among the audience.

Lasciatela stare

Una decina di giorni off-line per me, e di cose, sotto il cielo, ne sono successe. Si fa per dire, ben inteso, perché di fatto non è che sia accaduto chissà cosa: solo le solite, arcinote, beghe politichesi e giudiziarie. Ma, insomma, di questo viviamo e di questo dobbiamo accontentarci, e per giunta senza fare troppo gli snob, perché le parole, anche se abusate, gonfiate e rigirate, quando sono prese sul serio da chi detiene anche un briciolo di potere, possono diventare una prigione dalla quale gli stessi potenti, e purtroppo anche i senza-potere, non riescono più ad evadere.

Così è successo che una celebre gip, Clementina Forleo, si è presa—a giudizio di qualcuno—qualche libertà lessicale di troppo e che di conseguenza mezzo Parlamento e—udite udite—parecchi magistrati (nel silenzio dell'Anm), gliene hanno dette di tutti i colori. Ma questo è il meno (nel senso che, date le circostanze e le parti in causa, era praticamente scontato), dal momento che lo stesso Capo dello Stato, nella sua qualità di presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, ha bacchettato la meschina e il ministro della Giustizia ha incaricato i suoi uffici di acquisire l’ordinanza, a causa di una sua presunta «singolarità». Al che il presidente emerito Francesco Cossiga ha bacchettato a sua volta il Guardasigilli, ravvisando una «pesante interferenza».

Infine, colpo di scena: Silvio Berlusconi ha deciso di andare a soccorrere le presunte vittime della perfida Clementina. La quale, giova ricordarlo, finora non si è distinta soltanto per la controversa distinzione tra terrorismo e guerriglia, dal momento che una volta ha fatto spellare le mani a qualche centinaio di avvocati riuniti a convegno, ai quali, a sorpresa, dichiarò di essere favorevole alla separazione delle carriere nella magistratura. Il che, come minimo, non contraddice affatto le definizioni di se stessa che la succitata propone in privato agli amici: «Non sono al servizio di nessuno» e «Sono soggetta solo alla legge». E non contraddice per niente la sua definizione del magistrato in quanto tale:
«Un magistrato, a differenza di un politico, non deve conoscere la mediazione e il compromesso. A meno che non voglia fare altro, a meno che non voglia venire meno ai suoi doveri costituzionali».

Tornando al punto, diciamo che, se tutto l’affaire è alquanto complicato, un paio di concetti dovrebbero risultare chiari a chiunque si sforzi di guardare a queste vicende con un minimo di obiettività:

a) in primo luogo, Clementina Forleo non c’entra nulla né con l’ideologia, né con i complotti e le manovre (politiche, mediatiche, ecc.) che pure, volendo, si possono intravedere qua e là, nella tempistica degli eventi, nelle dichiarazioni e nei proclami pubblici di questo o quel capo e capetto, e nella gestione delle notizie;

b) in secondo luogo la gip di Milano non ha fatto o scritto nulla che fosse men che ineccepibile dal punto di vista delle prerogative e dei limiti che la legge—pur con tutte le sue imperfezioni e i suoi pasticci—prevede per chi esercita la funzione di giudice per le indagini preliminari. In particolare non possono esserci dubbi che al gip sia comunque prescritto l’obbligo di segnalare possibili indagati non ancora iscritti come tali e possibili reati Ma questa non è solo l’opinione di Clementina Forleo: la pensa esattamente allo stesso modo il principe dei “proceduralisti” italiani, Franco Cordero (la Repubblica del 25 luglio scorso).

Dopodiché può benissimo aver ragione (di nuovo) Francesco Cossiga, sia quando rinfaccia a Mastella di essere in «netta contraddizione» con le linee guida seguite dalla «controriforma giudiziaria» appena approvata dalle Camere, sintetizzabili nel concetto che «i magistrati hanno sempre ragione», sia quando sostiene che l’ascesa di Walter Veltroni «è il frutto della pubblicazione di quelle telefonate» di D’Alema e Fassino.

E può aver ragione anche Lino Iannuzzi, che in una lettera pubblicata ieri sul Foglio sottolinea che «il paradosso della situazione» è che l’unica possibilità che il partito di Fassino non si dissolva e sparisca con esso la seconda Repubblica è affidata a Silvio Berlusconi,


che è rimasto l’unico a dire no. Berlusconi, il trionfatore dell’antipolitica, è rimasto l’unico a difendere la politica. La difende contro l’urto della magistratura anche contro i suoi alleati, e persino contro le sue televisioni e i suoi giornali e una buona parte dei suoi parlamentari e dei suoi stessi elettori. Perché questo ha di singolare, e l’ha avuto dal primo momento, l’antipolitica di Berlusconi, questo nocciolo duro del garantismo che la contrappone inesorabilmente al giustizialismo, che è la vera madre di tutte le antipolitiche, ma non della sua.

Quel che non mi è chiaro, semmai, è cosa diavolo c’entri—ammesso che qualcuno pensi davvero che un link ci sia—Clementina Forleo con tutto questo.