Prendiamo ad esempio due piccoli pezzi di bravura come le riflessioni di fine anno di Barbara Spinelli e Lucia Annunziata, entrambi su La Stampa di oggi. Della prima è ammirevole questa frase, che meriterebbe di diventare una massima da collezione:
La storia non si fa con i se ma il futuro sì, è sempre ancora nelle nostre mani farlo andare in una direzione o l’altra.
Da proporre senz’altro per Bartlett’s Quote-a-Day. Segue persino una spiegazione, del tipo “istruzioni per l’uso,” perché non si sa mai, giustamente, in mano di chi andranno certe perle di (laica) saggezza:
Bisogna trovare un equilibrio naturalmente, tra la presunzione dell’onnipotenza e la passività di chi crede che le cose accadano o non accadano senza il nostro concorso.
Grazie, dunque, signora Spinelli. Ora abbiamo il viatico che ci mancava per l’anno nuovo.
Di Lucia Annunziata—che è un’italiana quasi del tutto americanizzata nel tipo di approccio alla sua professione, e questa è una bella cosa—è apprezzabile il linguaggio diretto e tutto il ragionamento, a partire dall’idea centrale: il ‘68 è acqua passata, e dunque “Good By sixties—la pace sia con voi.” Anche qui, ovviamente, ci sta un bel «grazie, signora Annunziata», perché, se anche la “scoperta” non è da premio Nobel, ci si rende benissimo conto che non è mica facile scrivere queste cose quando si ha un certo background. E questo nonostante il fatto che, indubbiamente,
le star italiane di quei tempi accusano qualche mal di testa. Paolo Mieli, direttore due volte del Corriere, il più importante giornalista uscito dalle fila degli Anni Sessanta, è oggi un astro dell'establishment italiano, Ferrara fa la dieta contro l'aborto, D'Alema vive elegantemente fuori dal Paese, Capanna si occupa di Omg, Sofri è un gentile signore che dispensa saggezza, e tutti noi ci guardiamo allo specchio venti chili e quarant’anni più tardi. Più grassi, più comodi e più che mai convinti di noi stessi - in completo diniego del nostro transito su questo palcoscenico.
Non è toccante questa foto di gruppo quarant’anni dopo—esatto, nel 2008 saranno 40 tondi tondi!—, ciascuno coi suoi “mali di testa,” le panze e il grigio inesorabile dei capelli? Toccante e lacerante, forse, almeno per coloro i quali di una speranza come questa—una speranza che salva!—pensano di poter fare a meno, e fanno in effetti a meno. A tutti gli altri, invece, magari il futuro preoccupa un po’ meno, perché c’è sempre quella “pazza idea” che, comunque, la strada porta laddove la fede e l’impegno personale dei singoli—che tutti insieme fanno una gran bella squadra!—è giusto che portino: un mondo nuovo, più giusto, più «gentile» e «più tutto» è non solo possibile, è una promessa precisa, un impegno assunto in circostanze inequivocabilmente … impegnative. Sì, si può obiettare, ma quando? Ok, oltre il tempo e lo spazio, certo, ma anche hic et nunc. Non dimenticare: il centuplo quaggiù e l’eternità (cfr. Mc 10, 29-30). Altro che paura del futuro! Altro che il terrore di andare oltre quella che è stata una breve stagione, the Sixties, appunto, la generazione dei baby boomers, della quale Annunziata canta il malinconico ma ineluttabile tramonto!
Ora, con questo non si vuol rivendicare alcunché e, men che meno, sbertucciare alcuno, semplicemente si vorrebbe far sommessamente presente per quale ragione alcuni non sono più di tanto afflitti per il futuro, cui anzi vanno incontro con animo sereno, per dir così, e si sentirebbero in colpa qualora dovessero cedere anche per un solo istante al pessimismo e al «malessere» di cui ha parlato il New York Times.
Comunque, Buon Anno a tutti. A prescindere, è chiaro.