March 26, 2007

Angela caduta in volo

“Passata la festa, gabbato lo santo,” si potrebbe dire dell’Evento di Berlino. E infatti qualcosa del genere lo hanno scritto su Repubblica, a dimostrazione del fatto che un po’ di sense of humour, ancorché forse involontario, può essere rintracciato persino nei luoghi più impensati della pubblica opinione politically correct:


Finita la festa tutti ripartono e di Berlino ri­mane solo un bel ricordo. Per chi vuole rilanciare l'Europa, adesso, comincia il duro lavoro […]

In effetti, il lavoro non sarà né facile né breve, soprattutto per chi osa ancora sperare nel superamento di quella “singolare forma di «apostasia» da se stessa” che, secondo Benedetto XVI, consiste nell’occultamento volontario delle radici cristiane d’Europa. Una battaglia persa: inutile farsi illusioni. Pare che lo abbia capito pure quella brava donna di Angela Merkel, agnello in mezzo ai lupi del laicismo trionfante. Esulta infatti, non a caso, il Corriere: la Merkel, “cristiana sia pur protestante” (quel sia pur varrà probabilmente all’estensore dell’articolo, Paolo Valentino, un plauso corale da parte dei protestanti tutti), avrebbe dato nientemeno che “una som­messa lezione di laicismo a Benedetto XVI.” Attenzione, laicismo, mica laicità: beccatevi questo, cristiani sia pur cattolici! Ma che avrà fatto-detto mai l’incauta donna? Ecco il resoconto del bravo cronista:


La Can­celliere «capisce» la posizione di Santa Romana Chiesa. E non lascia dubbi su dove affondino per lei le radici dell'Europa. Al centro di tutto è l'individuo, la sua intoccabile dignità, ha detto nel suo discorso del mattino. E questo, ha aggiunto a titolo persona­le, «deriva dall'eredità giudaico-cristiana dell'Euro­pa». Ma in conferenza stam­pa, rispondendo alla doman­da del Corriere, ricorda «che ci sono anche altre tradizioni secolari, secondo le quali nei documenti degli Stati non ci possono essere riferimenti al­la fede». Occorre essere consa­pevoli «delle diverse visioni politiche». E se è giusto che gli europei siano «coscienti delle loro radici giudaico-cristiane», altra cosa è se queste debbano essere evocate nei testi ufficiali. Si discuterà an­cora se il riferimento dovrà es­sere inserito o meno nel Trat­tato costituzionale. Ma anche se lei se lo augurerebbe, Ange­la Merkel allarga le braccia: «Sono realista e non molto ot­timista». Con buona pace del­l'apostasia.

Laicismo puro, senza dubbio, anzi, apostasia bella e buona. Sia reso merito, dunque, al valoroso cronista che, “in conferenza stampa,” ha estorto all’apostata la frase che inequivocabilmente la condanna alle fiamme eterne. Di scomunicarla, però, non se ne parla neppure, sia ben chiaro, e non tanto perché il Papa tedesco potrebbe magari avere un occhio di riguardo per la connazionale, no, semplicemente, lei, scomunicata lo è già, in quanto luterana, se nel frattempo non è caduta in prescrizione quella benedetta bolla di Leone X datata 3 gennaio 1521 (il che è piuttosto improbabile, credo). Pazienza, comunque, sopravvivremo.

Ma di gabbato, in ogni caso, non c’è soltanto lo santo, ci siamo pure noi, volgari peccatori. E qui il discorso si fa cupo, perché, vabbè non farsi illusioni sulle radici cristiane, gettate malamente alle ortiche, ma che almeno qualche parvenza di serietà—parlando sempre di principi sacri e inviolabili—sia fatta salva. E invece picche. Che cosa si afferma, infatti, nella solenne «Dichiarazione di Berlino» che, nelle intenzioni dei ventisette Capi di Stato e di governo dei Paesi europei che l’hanno sottoscritta, dovrebbe rilanciare la missione dell’Unione? Nientemeno che questo:


«L’uomo è al cuore della nostra azione. La sua dignità è inviolabile. I suoi diritti inalienabili. Il modo in cui viviamo e lavoriamo insieme nel quadro dell’Unione europea è unico nel suo genere […] noi aspiriamo alla pace e alla libertà, alla democrazia e allo stato di diritto, alla prosperità e alla sicurezza, alla giustizia e alla solidarietà».

Andrea Romano, in uno splendido editoriale apparso su La Stampa di oggi, ha commentato come si conveniva questi voli poetici:


Alzi la mano chi non potrebbe essere d’accordo con queste sante parole. Dalle quali, tuttavia, si fatica a distinguere il buon senso dalla sostanza necessaria a rimettere in moto un’impresa comune che appare da qualche tempo più che zoppicante. È vero che qualche riga più avanti ci si spinge a dichiarare che «il modello europeo concilia la riuscita economica e la solidarietà sociale» e che «il mercato unico e l’euro ci rendono forti». E addirittura si annuncia che «noi ci mobiliteremo affinché i conflitti nel mondo si regolino in maniera pacifica e affinché gli uomini non siano vittime della guerra, del terrorismo o della violenza». Ma l’enunciazione di questa ed altre impettite banalità, che non sfigurerebbero nel manifesto di una qualsiasi associazione di beneficenza, non può servire a molto più che a sentirci ancora una volta appagati dalla fortuna di essere venuti al mondo in questa parte benedetta del globo.

In ogni caso, viene da dire, questa parte benedetta del globo non sembra al momento disporre di una classe dirigente meritevole di tanta benedizione. Il che potrà anche non sorprendere più di tanto il Vaticano—et pour cause!—ma noi, cittadini di questa Europa, come dovremmo sentirci?