Oggi Avvenire, con un editoriale firmato da Luigi Geninazzi, ricorda e rende omaggio a un aspetto di Corvo Bianco meno noto, ma non per questo meno importante: con lui si è realizzata quel che Berdjaev chiamò «l’idea russa», vale a dire un rapporto specialissimo tra il popolo e la religione. Non è certo per caso che Boris Eltsin è stato il primo capo di Stato russo ad avere un funerale religioso dai tempi degli zar. In particolare, l’uomo seppe tener fede a una promessa:
Ci teneva alla libertà, prima di tutto quella religiosa. L’aveva promesso a Giovanni Paolo II nella prima storica visita che compì in Vaticano il 20 dicembre del 1991, all’indomani della fine dell’Unione Sovietica. In quell’occasione il presidente della Federazione Russa che di lì a cinque giorni avrebbe preso il posto di Gorbaciov al Cremlino affermò solennemente che avrebbe garantito la piena libertà «a tutte le confessioni religiose senza alcuna distinzione». L’avrebbe dimostrato coi fatti qualche anno più tardi, respingendo una legge sul culto, già approvata dal Parlamento, che penalizzava le minoranze religiose a cominciare dalla piccola comunità cattolica. E, vale la pena ricordarlo, si rifiutò di firmare una legge iniqua nonostante le pressioni della Chiesa ortodossa e gli umori nazionalistici della Russia profonda.
Giustamente l’editoriale non nasconde che vi furono errori, anche molto gravi, ma fa presente che non si può non onorare la memoria di un uomo che si distinse “per la sua strenua difesa del principio di libertà in un Paese che era diventato sinonimo di dittatura.” Mi pare che la definizione sia perfetta. E se posso—non solo perché "zar Boris" mi era simpatico—la faccio mia.