November 28, 2007
Ma cosa vuole Fini?
L’ho già scritto, e dunque non vorrei tediare il lettore. Ma che la migliore chiave interpretativa della politica (almeno di quella italica) sia letteraria me lo dimostra talmente spesso la realtà che vado male, davvero, a non ripetermi. Falliscono gli scienziati della politica, come Giovanni Sartori, quando si improvvisano (si fingono, come dice lui) “politici,” e centrano l’obiettivo i letterati—di un certo tipo, d'accordo (vedere due post fa). Cosa vorrà dire tutto questo? Bah, non chiedetelo a me: la risposta, purtroppo, non è alla mia portata. Né, onestamente, saprei suggerire chi potrebbe essere all'altezza, ed è un mio limite anche questo, sia ben chiaro. Epperò, per non lasciare il post in sospeso e, starei per dire, faute de mieux, una proposta "intermedia" ce l’avrei: si potrebbe interpellare l’autore di questo corsivo. Ma non aspettiamoci di riceverne risposte, bensì altre domande (molto sensate), il che non è solo meglio di niente, è una ragionevolissima aspettativa, un lampo nel buio. Ad esempio, appunto, una domanda come quella del corsivo: "Ma cosa vuole Fini?" Date una letta, e dopo ditemi se secondo voi esiste un approccio al problema che possa garantire esiti, per così dire, meno incerti.
Sartori, apprendista politico di qualità
Giovanni Sartori è uno scienziato della politica, ma questo non gli basta: si sforza di essere uno che di politica (quella “pratica, la politica «come veramente è»”) ci capisce. E cerca di darne prova. Come dargli torto, dal momento che la politica, secondo un’antica definizione, è piuttosto un’arte (la Politiké teche) che una scienza? Questa umiltà da vero scienziato, in verità, gli fa onore. Il guaio è che il suo legittimo desiderio di “completezza” non è supportato dalla pazienza che sarebbe necessaria per il conseguimento dell’obiettivo, nel senso che la consequenzialità dello scienziato—alla quale egli non può e non vuole rinunciare neanche per un secondo—gli fa perdere di vista alcuni risvolti interessanti dell’oggetto della sua ricerca. E il risultato ne viene inevitabilmente a soffrire.
Sul Corriere di oggi, dunque, l’illustre politologo ha deciso di “travestirsi da politico,” e in questa veste prende in esame questo particolare momento politico e si spende in alcuni suggerimenti ai leaders delle varie forze in campo. Innanzitutto, ecco come riassume la situazione:
A questo punto il professore si immedesima, a turno, con i principali attori ed esprime le sue convinzioni su ciò che andrebbe fatto. Ed ecco il ragionamento che farebbe se fosse al posto di Fini e Casini (tralascio le altre “immedesimazioni,” che mi sembrano meno significative):
Purtroppo, però, si lamenta Sartori, “Casini si è affrettato a dire no a qualsiasi «legge punitiva » contro Mediaset, riecheggiato da An.” Questo proprio non va bene, osserva il professore, anzi! Ed ecco che “l’apprendista politico” si ri-trasforma rapidamente nel professore che conosciamo bene: “Bravi davvero. Sarebbero questi i politici che davvero si intendono di politica?”
Ebbene, nessun problema, direi, sulla convenienza, per i due, del sistema tedesco. E’ sulla questione Mediaset che il ragionamento vacilla. Lasciamo perdere se sia giusto o sbagliato, in sé e per sé, colpire Mediaset e guardiamo, appunto, all’utile delle due formazioni politiche. Vediamo, allora, che senza dubbio potrebbe far comodo ai due competitors di Berlusconi all’interno del centrodestra una minore potenza mediatica del Cavaliere. Ma da quell’indebolimento non deriverebbero anche conseguenze negative per l’intero schieramento, visto che ad avvantaggiarsene sarebbe soprattutto il centrosinistra? Non solo: sotto il profilo della credibilità di quelle due forze politiche nei confronti del loro elettorato, non avrebbe forse una ricaduta alquanto pesante un voltafaccia—perché di questo, è chiaro, si tratterebbe—così repentino e sospetto?
O forse Sartori ritiene che l’elettore medio di Fini e Casini sia un minus habens e/o che sia sprovvisto del benché minimo senso morale? Dal momento che quell’inversione di rotta sarebbe due volte riprovevole: perché avrebbe palesemente il sapore di una vendetta piuttosto meschina e, soprattutto, perché rappresenterebbe la prova provata che in precedenza, per anni e anni, la gente è stata deliberatamente ingannata. Chi non si indignerebbe a quel punto? E quale altra spiegazione avrebbe, a parte la frode elettorale, appunto, l’aver risolutamente negato per anni ciò di cui oggi finalmente si prende atto, cioè che l’accanimento anti-Mediaset delle sinistre era motivato e che un conflitto di interessi veramente inaccettabile per la democrazia c’era eccome?
Ma non credo che Sartori la pensi in quel modo. E’ vero che spesso ha l’aria di sottovalutare il prossimo in generale, ma quello è più un tratto caratteriale, un’apparenza. Ad ogni buon conto, quando il professore dice che “la politica «come veramente è»,” in definitiva, non fa per lui, non viene voglia di contraddirlo. Meglio—per lui e per tutti gli inguaribili “impolitici”—la politica «come dovrebbe essere» (secondo i professori), e che Machiavelli vada a farsi benedire ...
Sul Corriere di oggi, dunque, l’illustre politologo ha deciso di “travestirsi da politico,” e in questa veste prende in esame questo particolare momento politico e si spende in alcuni suggerimenti ai leaders delle varie forze in campo. Innanzitutto, ecco come riassume la situazione:
Il momento è eccitante: in questo momento tutto è in movimento. Berlusconi che fa sparire, con la sua bacchetta magica, Forza Italia e il connesso Polo delle libertà; Fini e Casini che in autodifesa sono costretti a «rompere» con Berlusconi; la collusione (che comincia a essere documentata) Rai-Mediaset che costringe Prodi a tirare fuori dal cassetto le riforme sulla tv predisposte dal ministro Gentiloni; e Veltroni che si deve destreggiare su tre fronti: la riforma elettorale (e connessi) con il Cavaliere, il salvataggio del governo Prodi, e la patata bollente della questione tv (che torna a far esplodere il problema del conflitto di interessi).
A questo punto il professore si immedesima, a turno, con i principali attori ed esprime le sue convinzioni su ciò che andrebbe fatto. Ed ecco il ragionamento che farebbe se fosse al posto di Fini e Casini (tralascio le altre “immedesimazioni,” che mi sembrano meno significative):
Per non essere costretti a tornare all'ovile ancor più in sudditanza di prima, Fini si deve rapidamente scordare del referendum Guzzetta- Segni e appoggiare un sistema elettorale (come quello tedesco preferito dal suo nuovo alleato Casini) che gli consenta di andare tranquillamente da solo alle prossime elezioni. Inoltre Fini e Casini hanno bisogno, per sopravvivere, di indebolire il peso televisivo del loro nuovo nemico.
Purtroppo, però, si lamenta Sartori, “Casini si è affrettato a dire no a qualsiasi «legge punitiva » contro Mediaset, riecheggiato da An.” Questo proprio non va bene, osserva il professore, anzi! Ed ecco che “l’apprendista politico” si ri-trasforma rapidamente nel professore che conosciamo bene: “Bravi davvero. Sarebbero questi i politici che davvero si intendono di politica?”
Ebbene, nessun problema, direi, sulla convenienza, per i due, del sistema tedesco. E’ sulla questione Mediaset che il ragionamento vacilla. Lasciamo perdere se sia giusto o sbagliato, in sé e per sé, colpire Mediaset e guardiamo, appunto, all’utile delle due formazioni politiche. Vediamo, allora, che senza dubbio potrebbe far comodo ai due competitors di Berlusconi all’interno del centrodestra una minore potenza mediatica del Cavaliere. Ma da quell’indebolimento non deriverebbero anche conseguenze negative per l’intero schieramento, visto che ad avvantaggiarsene sarebbe soprattutto il centrosinistra? Non solo: sotto il profilo della credibilità di quelle due forze politiche nei confronti del loro elettorato, non avrebbe forse una ricaduta alquanto pesante un voltafaccia—perché di questo, è chiaro, si tratterebbe—così repentino e sospetto?
O forse Sartori ritiene che l’elettore medio di Fini e Casini sia un minus habens e/o che sia sprovvisto del benché minimo senso morale? Dal momento che quell’inversione di rotta sarebbe due volte riprovevole: perché avrebbe palesemente il sapore di una vendetta piuttosto meschina e, soprattutto, perché rappresenterebbe la prova provata che in precedenza, per anni e anni, la gente è stata deliberatamente ingannata. Chi non si indignerebbe a quel punto? E quale altra spiegazione avrebbe, a parte la frode elettorale, appunto, l’aver risolutamente negato per anni ciò di cui oggi finalmente si prende atto, cioè che l’accanimento anti-Mediaset delle sinistre era motivato e che un conflitto di interessi veramente inaccettabile per la democrazia c’era eccome?
Ma non credo che Sartori la pensi in quel modo. E’ vero che spesso ha l’aria di sottovalutare il prossimo in generale, ma quello è più un tratto caratteriale, un’apparenza. Ad ogni buon conto, quando il professore dice che “la politica «come veramente è»,” in definitiva, non fa per lui, non viene voglia di contraddirlo. Meglio—per lui e per tutti gli inguaribili “impolitici”—la politica «come dovrebbe essere» (secondo i professori), e che Machiavelli vada a farsi benedire ...
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