Ma un momento prima, nel medesimo video, al-Zawahiri aveva malmenato gli ulema che oggi vietano ai musulmani di compiere contro gli americani quel jihad che avevano considerato un dovere, in altri tempi, quando avevano a che fare coi russi.
Nel video, inoltre, ce n’è anche per l’Iran, che sarebbe in combutta con gli Stati Uniti per spartirsi l’Iraq. Per al-Zawahiri, praticamente, le minacce rivolte da Ahmadinejad ad Israele sarebbero «pura propaganda». La ciliegina sulla torta, infine, è un attacco ad al-Jazeera, sia pure senza nominare esplicitamente la famosa emittente araba.
Che cosa gli ha preso? Per capire, la cosa migliore è leggere attentamente un paio di articoli pubblicati su Avvenire e sul Messaggero di oggi. Il primo riporta l’opinione di padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede e di monsignor Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura. Il secondo l’ha scritto di suo pugno il generale Carlo Jean.
Ecco cosa dice padre Lombardi:
«I contatti di dialogo portati avanti da autorevoli esponenti musulmani come il re d’Arabia e i 138 teologi e intellettuali islamici sono un fatto significativo per tutto il mondo musulmano. Si tratta di voci che vogliono esplicitamente impegnarsi per la pace. […] Queste voci hanno una importanza crescente e questo evidentemente preoccupa chi questo dialogo non vuole».
Ed ecco l’opinione di monsignor Ravasi:
«Che ci siano quelli che vogliono sicuramente il duello e lo scontro, noi lo sappiamo ed è una costante: questo atteggiamento è la via più semplice che vuole evitare qualsiasi incontro, qualsiasi comprensione, qualsiasi forma di umanità. […] D’altra parte bisogna dire che queste persone non rappresentano assolutamente l’orizzonte intero di molti credenti, anche dell’islam».
Sul Messaggero, invece, Carlo Jean spiega molto bene come si sono messe le cose per “la vera perdente,” vale a dire al-Qaeda, che “non è riuscita a trasformare l’Iraq in un Vietnam, per indurre gli americani al ritiro, lasciando mani libere ai radicali ed aprendo la strada alla loro presa di potere anche in Arabia Saudita.” Non solo, il bilancio in Iraq, dove evidentemente il surge e il nuovo approccio politico del generale Petraeus e dall’ambasciatore Crocker stanno dando ottimi risultati, è semplicemente disastroso (per al-Qaeda, of course):
forte diminuzione del numero delle vittime; deflusso dei jihadisti stranieri; ritorno di rifugiati e sfollati; accordi fra i capi tribù sunniti e gli Usa per la costituzione di reparti per un totale di 65.000 soldati, a cui vanno aggiunti altri 12.000 dei battaglioni tribali di protezione; nuova legge sulla de-baathizzazione, che consentirà il recupero di funzionari preparati; frammentazione del fronte sciita a danno degli elementi filo-iraniani; tentativo di accordo con i sunniti del pittoresco Moqtada al-Sadr, ed altri ancora.
Ma segnali altrettanto negativi per al-Qaeda provengono anche dall’esterno dell’Iraq:
la conferenza di Annapolis, a cui ha partecipato anche la Siria, isolando Iran, Hezbollah e Hamas; migliori rapporti fra gli Usa e l’Iran, consolidati dalla pubblicazione del rapporto Nie, che sdrammatizza la minaccia del nucleare iraniano, aprendo la strada ad accordi fra i due Paesi; invito ad Ahmedinajad da parte del re saudita Abdullah di partecipare alla Hajj, il pellegrinaggio annuale che, dal 18 al 20 dicembre, riunirà oltre due milioni di pellegrini nei Luoghi Santi dell’Islam.
Insomma, non c’è da meravigliarsi che lorsignori siano imbestialiti. E che siano disperatamente alla ricerca di qualche via d’uscita.