In trepida attesa di una decisione di Napolitano che sembra
abbastanza scontata, occupiamoci di storia—anche se recentissima—attingendo a piene mani alla cronaca di queste ore e di questi giorni (non tutto ciò che è cronaca diventa storia, naturalmente, ma solo gli eventi registrati dalla cronaca possono fare la storia).
E’ di queste ore, anzi, di questi minuti, una notizia sul caso Sme:
assolto Berlusconi dall’accusa di falso in bilancio. Conclusione scontata, d’accordo, giacché una legge del 2002 ha abolito il reato. Sono i tempi “biblici,” tuttavia, che lasciano perplessi, come si evince dalla dichiarazione dell’avvocato di Berlusconi, Nicolò Ghedini:
«Una sentenza che arriva in ritardo di sei anni, alla fine di un processo che la Procura e il Tribunale di Milano avevano fatto di tutto per evitare rivolgendosi addirittura alla Corte di giustizia europea. I giudici europei e la Corte Costituzionale avevano detto che la modifica di legge dell’aprile del 2002 era corretta e rispondente alle direttive comunitarie per cui a Milano sono stati costretti, sia pure in ritardo, a celebrare un processo scomodo che è finito come doveva finire».
Un passo indietro di qualche giorno: la crisi di governo. La “Giustizia” c’entra ancora una volta. In che senso
l’ha spiegato egregiamente Giuliano Ferrara sul
Foglio di sabato scorso. Chi non avesse presente il ragionamento può dare un’occhiata anche al
video della puntata di
Otto e mezzo del giorno prima, quella esilarante in cui un Massimo Cacciari incontenibilmente insofferente si scaglia contro i “dieci minuti, cronometrati” dell’introduzione di Ferrara. In sostanza (cito dal
Foglio):
Ciò che noi foglianti diciamo e ridiciamo da oltre quindici anni, che la magistratura fa politica, che i media le tengono corrivamente bordone, che in nessun paese del mondo […] si fa così, bè, quello che vi diciamo e ridiciamo da anni è semplicemente vero.
Tutto bene, tutto chiaro (per chi vuol capire). I governi italiani cadono sotto i colpi della magistratura, ecc., bisogna fare qualcosa, ecc., ecc. Quel che il Ferrara-pensiero non contempla, a mio modestissimo avviso, è la circostanza che
i magistrati non siano sempre così potenti. La Forleo e De Magistris, per esempio, sono stati “stoppati.” E ancora: anche chi riesce nell’intento di mettere sotto processo la politica non sempre gode della simpatia e della solidarietà della magistratura o degli ambienti vicini a quest’ultima. L’ex pm D’Ambrosio, per esempio, ha stigmatizzato pubblicamente chi ha ordinato gli arresti domiciliari per la moglie di Clemente Mastella. Cosa significa questo? Banalmente, rozzamente, o come si voglia dire, l’impressione è, purtroppo, che ci siano due pesi e due misure: per chi attacca il centrodestra, la gloria, a chi tocca il centrosinistra, la gogna (quando non l'altolà).
Questo lo dico anche, ma non solo, per la stima che ho per Clementina Forleo, di cui tutto si può dire meno che “faccia politica,” essendosi limitata a formulare in termini rigorosamente giuridici ciò che anche la persona più sprovveduta in materia, basandosi sul semplice buon senso, pensava e pensa sul caso di cui la gip milanese si stava occupando prima che l’inchiesta le fosse strappata di mano.
Insomma, Giuliano Ferrara ha ragione sulla magistratura e sui giornali, ma sbaglia quando non “distingue,” o quando se la prende con “il petulante Beppe Grillo,” che si comporterebbe come certa stampa smaccatamente di parte. Grillo, infatti, è tutto sommato un cane sciolto, e qualche volta ha ragione, come e quanto, forse, gli autori del
best seller La Casta.
Si renderebbe un servizio alla verità se quest’ultima venisse onorata con maggiore completezza: raccontare una verità dimezzata è senz’altro meglio che raccontar balle o lasciare che si creino “mostri” ad uso e consumo di “folle inferocite,” e il tutto per sbarazzarsi degli avversari politici o almeno per raccattare un po’ di voti, ma a qualcuno non basta neanche questo. Soprattutto a chi vorrebbe mettere un argine, una volta per tutte, allo strapotere della magistratura, che è davvero una questione centrale della nostra malconcia democrazia.