Comunque, quello che interessa di più sono le parole pronunciate dal presidente del Parlamento tibetano in esilio, Karma Chopel, nel corso di una conferenza stampa presso la sede del Partito radicale non violento transnazionale che lo ospita in questi giorni a Roma.
«Le autorità cinesi hanno detto che entro il 2010 circa 20 milioni di cinesi si trasferiranno in Tibet. Questa è una strategia per annullare le minoranze come hanno già fatto in Manciuria.»
«L'immigrazione forzata dei cinesi in Tibet ha l'obiettivo di annientare le minoranze e come sostiene il Dalai Lama in questi 49 anni è stato perpetuato un genocidio culturale. […] I tibetani sono cittadini di seconda classe nella loro patria e che solo a Lhasa, attualmente, su 300 mila abitanti 200 mila sono cinesi, mentre solo 100 mila sono tibetani.»
A proposito della dichiarazione stilata ieri dai ministri degli Esteri dei 27 Paesi della Ue a Brdo (vedi due post fa), Karma Chopel ha espresso la convinzione che si tratti solo di un primo passo:
«Non è ancora il momento di giudicare il documento di Brdo [...] ci saranno altre iniziative della comunità internazionale che avranno risposte più precise. Noi facciamo appello a tutta la comunità internazionale perché ci sia pressione sulla Cina ma é chiaro che alcune nazioni hanno maggiore responsabilità di
altre.»
L'ottimismo di Karma Chopel è così genuino che finisce per diventare contagioso. Ma è molto probabile che lui stia pensando più a Sarkozy o ad Angela Merkel che a ad altri (quest'ultima è il primo capo di governo al mondo che abbia annunciato la propria non partecipazione alla cerimonia d'apertura delle Olimpiadi).
Nel frattempo, pochi minuti fa su Repubblica (edizione online) viene riportata la reazione ufficiale della Cina al pur timido documento dei 27 ministri degli Esteri della Ue: un portavoce del ministero degli Esteri cinese, Jiang Yu, ha fatto sapere che “Il Tibet e' un affare completamente interno della Cina. [...] Nessun Paese straniero o organizzazione internazionale ha il diritto d'interferire al riguardo.” Se si arrabbiano tanto per così poco, verrebbe da osservare, la pavidità dell'Europa riesce persino comprensibile. Naturalmente escludendo dal ragionamento qualsiasi considerazione di ordine etico. Un lusso (l'etica applicata alla politica internazionale) che la vecchia Europa, del resto, si concede molto di rado.
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