Che fare con Travaglio Marco? Se lo domanda Filippo Facci sul Giornale di oggi, e naturalmente ce lo domandiamo anche noi su WRH, ma senza chissà quale convinzione, solo per non essere da meno, diciamo, oppure perché un post ogni tanto—in italiano, poi, dopo tanti in inglese, ché poi i non anglofoni si stufano pure e smettono di leggerti—lo si deve pur dedicare a un soggetto siffatto.
Che fare dunque? Onestamente non ne ho la benché minima idea, ma questa grave lacuna, ho ragione di pensare, si spiega più con lo scarso entusiasmo di cui parlavo prima che con la pur non trascurabile complessità della questione, cui del resto Facci stesso, a bella chiusa, ha dato una soluzione più che plausibile, ipotizzando il rilascio di un “verbale” montanelliano in tutto e per tutto appropriato, se non propriamente elegante—ma il grande Indro, ch’era pur sempre il toscanaccio che sappiamo, non brillava certo per la delicatezza dei modi e delle forme verbali.
Il problema, tuttavia, potrebbe avere un risvolto parecchio più interessante: va bene il che fare con il Travaglio, ma non sarà il caso di domandarsi prima ancora come ci si debba comportare con i suoi fans, cioè con coloro ai quali vari conduttori televisivi dispensano così spesso e volentieri—con la certezza di “fare audience”—le apparizioni del guru (tanto da far venire a qualcuno l’incontenibile desiderio di cancellare dai palinsesti i loro programmi)?
Ebbene, qui una risposta credo sia molto più semplice darla: è assolutamente consigliabile non togliere a costoro il tanto desiderato prodotto editorial-propagandistico. Folle di telespettatori in crisi di astinenza, in siffatte patologie da consumo di sostanze diffamatorie, sono ancor più socialmente pericolose di soggetti allegramente strafatti. I proibizionisti, a modesto avviso di chi scrive, dovrebbero riflettere attentamente sugli effetti devastanti di un possibile giro di vite su questa delicata materia. A mali estremi, in certi casi, è meglio rispondere con rimedi moderatissimi.
La questione è se Travaglio abbia detto una menzogna o no. Facci ha scritto solo una serie di bugie, addirittura una smentita nella stessa pagina.
ReplyDeleteMa se Travaglio ha detto la verità, allora Schifani deve dimettersi!
Mi spieghi veramente bene allora cosa ne pensi su quest'ultima proposizione. Deve dimettersi o no Schifani, se Travaglio ha detto la verità?
Per aspettarti una risposta a una domanda così pressante e pregnante non ti sembra che come minimo dovresti firmare il tuo commento?
ReplyDeleteNon firmo un bel niente. Non credi che sia più importante rispondere?
ReplyDeleteL'hai mai letto Shopenhauer, "L'arte di avere ragione"? Dice che se non vuoi rispondere a una domanda scomoda, cerca di attaccare l'avversario, non nella sostanza, ma nella forma.
Stai facendo lo stesso?
Niente da fare, insomma, dall'anonimato non ti lasci schiodare. Si può sapere di cosa hai paura? Mah.
ReplyDeleteComunque, per farla finita, risulta che Schifani abbia avuto a che fare con persone che 18 (diciotto) anni dopo sono state indagate. Ora, a me personalmente non sta particolarmente a cuore la difesa di questo o di quello, dico semplicemente che, di chiunque si tratti (e a parte perfino l'importanza della carica istituzionale, che merita comunque prudenza nell'uso delle parole), non mi sembra che il fatto possa essere utilizzato ai fini cui Travaglio lo ha speso. La rilevanza penale (ma non solo), cioè, non è implicita nel fatto. Mentre l'intento diffamatorio sì (cioè l'uso a mo' di macete di una circostanza la cui rilevanza penale non è supportata da nulla che non sia l'interpretazione personale di Travaglio Marco).
Dunque la tua domanda è oltretutto mal posta (e non a caso, penso). Avresti dovuto chiedere: qualora fosse dimostrato che il fatto citato da TM significa (implica) inequivocabilmente che Schifani abbia commesso un reato gravissimo, dovrebbe egli dimettersi? In tal caso, ovviamente, la risposta non potrebbe che essere affermativa.
Comunque, penso che il Travaglio, essendosi beccato del "cialtrone" da Facci, qualora volesse difendere la sua onorabilità, dovrebbe agire di conseguenza (ammesso che sia in possesso delle "pre-condizioni" indispensabili).
Schifani non era amico di tal dei tali, ma era socio con tre persone condannate poi per mafia. Che siano state condannate nel 2007 non significa che fino ad allora siano stati agnellini. Mandalà era un capocosca. Se sei socio con un capocosca, come puoi essere presidente del senato.
ReplyDeletePerché non leggi: http://bennycalasanzio.blogspot.com/2007/08/don-renato-schifani-cuffaro-non-si.html
Benny Colasanzio è nipote di Paolo Borsellino.
Quanto all'anonimato, non è per paura, ma per privacy, perché non voglio essere rintracciabile.