Secondo me Filippo Facci, a volte, è veramente forte. Il pezzo di oggi sul Giornale, per dire, è a mio avviso quintessenziale, nel senso che ha qualcosa a che fare con quell’essenza purissima, ottenuta mediante cinque distillazioni, che gli alchimisti ritenevano essere la sostanza intima e fondamentale di un corpo—il corpo in questione potrebbe benissimo essere il giornalismo polemico à la Montanelli, adattato naturalmente allo Zeitgeist.
Dirò di più (o di meno, vai a saperlo): Facci, che ha il potere della sintesi, dà voce a un sentire tanto semplice quanto “incontrovertibile,” e lo fa con un linguaggio e uno schema logico del tutto adeguati allo scopo, che è quello di irridere le altrui défaillances rendendo pienamente ragione della miseria dialettica e della risibile superficialità dell’approccio alle questioni di cui le sue vittime (illustri o psedo-tali) tentano di occuparsi. Il tutto con un’immediatezza e una spontaneità disarmanti.
Nello specifico di oggi, il Nostro ha sfiorato vette inviolate di comune sentire di noi gente comune (perdonate il bisticcio). Bella forza, si potrebbe dire: e che ci sarà mai di così sublime in tutto questo? Niente, se non il fatto, appunto, che è diventato talmente raro leggere e ascoltare uno che ragiona in modo così familiare (terra-terra) e, come dicevo, “incontrovertibile.” Come incontrovertibile è che Travaglio, purtroppo per lui, non è Lino Toffolo. E neppure Beppe Grillo.
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