Che l’Italia sia un Paese fatto molto a modo suo, per dirla nella maniera più asettica possibile, non è una scoperta: è un dato. O un fato, chi lo sa. Certo è che quello che è successo negli ultimi giorni e nelle ultime ore lo conferma—se nel bene o nel male, come sempre, è questione di opinioni—come neppure un giocatore d’azzardo avrebbe potuto prevedere.
Veltroni, innanzitutto, è stato sublime. Uno può giurare che mai e poi mai lo voterà, ma negare che la scelta di far correre da solo il Pd sia stato un atto di coraggio, onestà intellettuale, lungimiranza e chi più ne ha più ne metta, sarebbe insensato, prima ancora che ingeneroso. Per il resto, personalmente ho già scritto così bene di lui che mi posso esimere dal ribadire e argomentare il concetto. Comunque, quelli della sua parte—non io, quindi, ma questa è un’altra faccenda—dovrebbero baciare la terra su cui Walter cammina, e con questo ho detto, se non tutto, la sostanza di ciò che penso.
Sul fronte opposto, Berlusconi non è stato da meno. Anche qui, sempre nelle scorse settimane, ho già dato, per cui non mi resta che estendere il giudizio positivo alla decisione di queste ore, sia pure con una postilla (ci arrivo dopo).
Di Fini, sinceramente, penso che si sia salvato in extremis: accettare la lista unica, al momento, era l’unica cosa che si doveva fare, e lui l’ha fatta, a dimostrazione che le chiacchiere, in politica, servono, se mai, fino al momento in cui si arriva al redde rationem. Capire quando è ora di piantarla, però, non è sempre facilissimo. Il momento è arrivato, e lui è stato puntuale.
E ora veniamo al caso più complicato (e alla postilla di cui sopra), quello di Pierferdinando Casini. Non ho mai condiviso l’atteggiamento sprezzante che tanti, nel centrodestra, hanno tenuto nei suoi confronti. Lui ha sempre giocato le sue carte in maniera chiara e con una certa lealtà di fondo. Difendere il proprio ruolo, definire il proprio spazio, in politica non è una colpa, tutt’altro, è il dovere che un leader politico che si rispetti ha nei confronti del proprio elettorato. Ed è appunto di questo che Casini si è fatto carico. Quindi, a mio parere, se Berlusconi e Fini lo vogliono “punire” (politicamente), come pensa Giuliano Ferrara, mettendolo in un angolo, commettono un grave errore. E non solo perché escluderlo, con questo sistema elettorale, può costare una sconfitta elettorale, ma anche perché Casini, politicamente e moralmente, non merita affatto questa sorte.
E’ veramente difficile pensare, d’altra parte, che Berlusconi non sia consapevole delle buone ragioni di Casini. Fini, per parte sua, potrebbe anche avere qualche motivazione, diciamo così, “personale” (legittima, sia ben chiaro, perché l’ambizione non è una colpa) per tenere alla larga l’ex presidente della Camera, che avrebbe effettivamente tutti i numeri per contendergli alla grande—il giorno in cui il Cavaliere si sarà stancato della politica …—la leadership del centrodestra. Ma, anche in questo caso, è difficile credere che non ci sia la consapevolezza che il gioco, dati i rischi che comporta, non vale la candela.
Per cui penso che alla fine Casini entrerà nell’alleanza, magari senza aderire ala lista unica, come del resto (giustamente) la Lega. In fondo già mettere insieme Forza Italia e An è un bel colpo. Poi, dopo le elezioni, con un nuovo sistema elettorale (alla tedesca, alla francese o giù di li) il leader dell’Udc potrà giocarsela a modo suo.
Se questo è ciò che si sta preparando, a destra, a sinistra e al centro, credo che vi siano motivi per essere moderatamente ottimisti. Viva l’Italia (ma teniamo le dita incrociate, perché da noi non si sa mai).