Il tema del «capro espiatorio» non è nuovo nella storia politica italiana. Anzi, diciamo pure che è una costante. Destra e sinistra, da questo punto di vista, si assomigliano, ma il primato sembra che spetti alla seconda, come Ernesto Galli della Loggia sostiene sul Corriere di oggi, riferendosi all’atteggiamento del Pd—con la lodevole eccezione di Walter Veltroni—nei confronti di Romano Prodi.
Certo che si tratta di un triste primato, se pensiamo che la ricerca del capro espiatorio contraddistingue soprattutto popoli, comunità e gruppi non particolarmente evoluti, per così dire, e in qualche caso dediti a pratiche di «propaganda» non certo commendevoli.
Quella ricerca può essere talvolta ossessiva: vedasi il caso Craxi e, più recentemente, anche se con motivazioni e intensità diverse, la vicenda di Clemente Mastella. Ma più spesso è semplicemente “furbesca,” come appunto nel caso di Romano Prodi, “abbandonato” dal partito che lui ha inventato e contribuito a a far diventare ciò che è oggi.
Dissociarsi da questa abitudine «ignobile» credo sia un dovere civico, oltre che morale. Non perché si vogliano o si debbano minimizzare (eventuali) errori e responsabilità. Al contrario: malcostume, corruzione, malgoverno, ecc., sono fenomeni che vanno combattuti alla radice, non facendo finta che un comportamento scorretto o discutibile siano prerogativa di uno solo anziché di molti (o di tutti). Oltretutto, queste furbizie, che in passato hanno avuto molto successo, funzionano sempre meno al giorno d’oggi.
Dissociarsi, dicevo, è d’obbligo, anche a costo di farsi diventare simpatici Mastella e Prodi (non so se mi spiego ...) e di spezzare pubblicamente una lancia per loro. Tempo fa qualcuno blaterava di “superiorità antropologica” di qualcuno nei confronti di qualcun altro, beh, vediamo di non costringere gente che di siffatti concetti non ha mai saputo che farsene a diventare oggettivamente pionieri di questa nuova frontiera della diversità antropologica.