E’
un aggiornamento interessante sulla situazione in Tibet quello che si legge oggi sul
Giornale. Nuovi arresti, proteste anti-cinesi in Nepal, ecc. Peccato che si riportino senza commento anche le “rivelazioni” dell’agenzia ufficiale
Nuova Cina relativamente a ritrovamenti vari, da parte della polizia locale, nel monastero di Geerdeng (provincia del Sichuan): 30 pistole, 498 proiettili, due chili di esplosivo e “un numero importante” di coltelli. Come funziona l’informazione (e tutto il resto) in Cina lo sappiamo bene, anche perché la medesima agenzia ufficiale
ce ne ha resi edotti a suo tempo. In ogni caso va sottolineato il senso della misura della notizia in questione: se avessero parlato, che so, di fucili mitragliatori, bazooka e, perché no, di missili terra-aria, il mondo intero sarebbe insorto per il colossale, spudorato, tentativo di mistificazione della realtà, invece … Mica scemi.
Comunque, quello che interessa di più sono le parole pronunciate dal presidente del Parlamento tibetano in esilio, Karma Chopel, nel corso di una conferenza stampa presso la sede del Partito radicale non violento transnazionale che lo ospita in questi giorni a Roma.
«Le autorità cinesi hanno detto che entro il 2010 circa 20 milioni di cinesi si trasferiranno in Tibet. Questa è una strategia per annullare le minoranze come hanno già fatto in Manciuria.»
«L'immigrazione forzata dei cinesi in Tibet ha l'obiettivo di annientare le minoranze e come sostiene il Dalai Lama in questi 49 anni è stato perpetuato un genocidio culturale. […] I tibetani sono cittadini di seconda classe nella loro patria e che solo a Lhasa, attualmente, su 300 mila abitanti 200 mila sono cinesi, mentre solo 100 mila sono tibetani.»
A proposito della dichiarazione stilata ieri dai ministri degli Esteri dei 27 Paesi della Ue a Brdo (vedi
due post fa), Karma Chopel ha espresso la convinzione che si tratti solo di un primo passo:
«Non è ancora il momento di giudicare il documento di Brdo [...] ci saranno altre iniziative della comunità internazionale che avranno risposte più precise. Noi facciamo appello a tutta la comunità internazionale perché ci sia pressione sulla Cina ma é chiaro che alcune nazioni hanno maggiore responsabilità di
altre.»
L'ottimismo di Karma Chopel è così genuino che finisce per diventare contagioso. Ma è molto probabile che lui stia pensando più a Sarkozy o ad Angela Merkel che a ad altri (quest'ultima è il primo capo di governo al mondo che abbia annunciato la propria
non partecipazione alla cerimonia d'apertura delle Olimpiadi).
Nel frattempo, pochi minuti fa su
Repubblica (edizione
online) viene riportata la
reazione ufficiale della Cina al pur timido documento dei 27 ministri degli Esteri della Ue: un portavoce del ministero degli Esteri cinese, Jiang Yu, ha fatto sapere che “Il Tibet e' un affare completamente interno della Cina. [...] Nessun Paese straniero o organizzazione internazionale ha il diritto d'interferire al riguardo.” Se si arrabbiano tanto per così poco, verrebbe da osservare, la pavidità dell'Europa riesce persino comprensibile. Naturalmente escludendo dal ragionamento qualsiasi considerazione di ordine etico. Un lusso (l'etica applicata alla politica internazionale) che la vecchia Europa, del resto, si concede molto di rado.