L’editoriale che Ernesto Galli della Loggia ha dedicato oggi al caso-Ferrara è talmente giusto, appropriato, ben argomentato e chi più ne ha più ne metta, che c’è rimasto ben poco da dire. Ossia, qualcosa c’è, ma è di difficile formulazione, almeno per me. Perché investe quelle zone d’ombra dell’agire e del pensare umano che vanno al di là delle rappresentazioni pubbliche.
Quando parlo di zone d’ombra, però, non intendo riferirmi a qualcosa di “inconfessabile,” tutt’altro. Infatti si tratta piuttosto di qualcosa di talmente buono e giusto da risultare improponibile, oggi come oggi, in un dibattito pubblico. Per spiegarmi la prendo alla lontana.
In questi ultimi giorni di campagna elettorale siamo sommersi di messaggi auto-promozionali: tv, giornali, radio, posta elettronica e, naturalmente, posta ordinaria. Parto da quest’ultima. E’ inenarrabile la banalità delle formule propagandistiche, la stupidità, l’incultura, i luoghi comuni, la piattezza dei messaggi che riempiono le buche delle lettere. Mi ripropongo ogni volta di fare una silloge, ma sempre me ne manca “lo stomaco.” Mi viene persino il dubbio—e con questo ho detto tutto—che proprio la nostra democrazia, in sé e per sé, sia una baggianata se riesce a produrre questo tsunami di mediocrità. Ovviamente il dubbio viene subito cacciato con sdegno ripetendo ad alta voce, come un mantra, la celebre massima di Churchill (la democrazia è un sistema pessimo, ma è di gran lunga il migliore fra tutti quelli che sono stati inventati finora). E che sia benedetto quel mantra, appunto.
Ebbene, qui è il punto: che cosa ha fatto Giuliano Ferrara? Beh, diciamo che ha ridicolizzato la politica così come noi oggi la concepiamo e la pratichiamo, l’ha fatta a pezzettini e l’ha data in pasto agli animali dei cortili partitici. Mentre la vera politica l’ha fatta lui, strafregandosene del giudizio dei più. Perché la vita è il massimo, non c’è niente di più consono alla politeia, niente di più vero, di più grande, di più interessante. Questa è la storia. Il resto son chiacchiere.
Perché tutta questa ostilità contro Ferrara, allora? Francamente non saprei, nel senso che ho parecchie spiegazioni in mente—da quelle di tipo socio-psicologico (noiosissime) a quelle di stampo apocalittico (e si andrebbe sul serioso, ma non è il caso, anche se ci sarebbe materia, eccome!)—e non so quale privilegiare. E poi non vorrei mai essere offensivo nei confronti di alcuno: offendere non serve a niente, generalmente è la risorsa dei mentecatti, e ce ne sono già tanti in circolazione, come ha dimostrato l’editorialista del Corriere—vabbè, ci sono cascato (nell’insulto), lo so da me, chiedo venia, ma come si fa a non farsi prendere la mano …, e si badi che non ce l’ho con i lanciatori di pomodori, poveracci, ma con “gli altri,” quelli che Galli della Loggia ha così bene stanato dai loro nascondigli …
Detto questo, malamente, lo so, non mi resta che aggiungere per onestà intellettuale che non voterò per la lista “Aborto? No grazie,” ma preciso che questa cosa del voto è quella che mi interessa di meno. E credo che lo stesso—se ho capito qualcosa—valga per Giuliano Ferrara. Si può essere “sportivi” fino al punto di gareggiare per perdere, pur di dimostrare che la vittoria è un concetto molto più sottile di quel che non si pensi. Vincere, in fondo, è quasi sempre una cosa così volgare …