Sul Giornale di oggi sono senz’altro da segnalare due pezzi, uno di Fiamma Nirenstein sul presidente iraniano Ahmadinejad che nei prossimi giorni sarà a Roma, in visita alla Fao, e l’altro di Filippo Facci sulla “penosissima figura di un Oliviero Diliberto che adesso s’è improvvisato mediatore tra Cuba e l’Italia.” Due stili, due personalità diversissime. Non parlo dei due personaggi “internazionali,” di cui personalmente mi occuperei solo per mettere alla prova, penna alla mano, la mia capacità di controllo di certi (imbarazzanti) impulsi primordiali, no, parlo degli autori, che sono bravissimi.
La Nirenstein afferra l’omino di Teheran e riesce a strapazzarlo ben bene senza scomporsi (bravissima, appunto, anche perché il self-control deve esserle costato parecchio). E soprattutto senza cedimenti al sarcasmo, che forse, però, non è nelle sue corde (il che è una fortuna, in certi casi).
Facci, invece, maneggia la sua vittima predestinata con la delicatezza di un coyote che ha imparato a stare a tavola come si deve, ma sempre coyote resta. E per fortuna, perché sennò saremmo tutti qui a piangere di rabbia pensando a tutto quello che noi avremmo saputo dire al suo posto sulla materia. Invece siamo qui a compiacerci con Facci, ma anche con Nirenstein, e sotto sotto a pensare, un po’ cinicamente, che riempire anche solo una cartellina scarsa su quei due soggetti è un castigo che noialtri non abbiamo meritato. Quanto è meglio dire bravi a Facci e Nirenstein che immergere le mani fino ai gomiti in quella specie di melma cui, a volte, la politica internazionale (e nazional-popolare) riesce misteriosamente a trasformarsi sotto i nostri occhi … Meglio così, insisto. Però, bravi, diamine, e pure eroici quasi quasi.