Ancora una volta Angelo Panebianco ci risparmia la fatica di trovare un senso a ciò che sta succedendo all’interno del Pd, e nella fattispecie in relazione alle note vicende giudiziarie. Infatti basta leggere l’editoriale di oggi sul Corriere per chiarirsi le idee. Una radiografia precisa e impietosa da cui emergono i travagli e le contraddizioni in materia di «giustizialismo» di quella che fu la sinistra non più comunista e che ora, dopo aver inglobato quella che fu la sinistra catto-comunista della Dc (poi scioltasi nella Margherita), si chiama Partito democratico.
Panebianco spiega anche perché, malgrado le “svolte” violantesche e veltroniane, non ci saranno cambiamenti significativi nell’atteggiamento di fondo di quel partito nei confronti della questione giustizia. Alla base, dice il professore, ci sono “tre dogmi” pressoché insuperabili …
A quanto così efficacemente sintetizzato e spiegato non occorre aggiungere nulla. A margine, tuttavia, si potrebbero dire un mucchio di cose, la maggior parte delle quali, però, sarebbero ovvietà e banalità. Ad esempio questa: qualcuno si era illuso, o aveva fatto finta di credere, o aveva fatto di tutto per convincersi e convincere l’opinione pubblica che ci fosse, oppure che fosse concepibile o plausibile un “partito degli onesti,” alleato di ferro di pubblici ministeri sempre e comunque al di sopra di ogni sospetto, paladini del Bene contro il Male. Panebianco attribuisce questa illusione non solo alla dirigenza, ma anche a buona parte dei militanti e degli elettori del Pd, e credo che abbia ragione. Ebbene, la nemesi è qui, sotto gli occhi di tutti: il teorema è saltato, la favola degli “onesti” è finita, così come quella dei pm senza macchia, giacché ora anche gli “ex-onesti”—se mi si passa la licenza poetica—se la prendono con loro, al pari dei “mascalzoni”—altra licenza poetica—di sempre, le cui sfuriate anti-magistratura-politicizzata erano considerate per definizione troppo “interessate” per essere prese sul serio.
E, attenzione, la favola degli onesti non vale più neppure per il partito di Di Pietro, che sembrava il grande beneficiario dello scempio del Pd. Ora, anche lui deve beccarsi la sua parte di insinuazioni e/o insulti (ci ha pensato quel linguacciuto di Gasparri). Con questo non voglio dire che anche l’ex pm è coinvolto nel malaffare, ci mancherebbe, si è garantisti per qualcosa! No, mi limito ad applicare lo schema dipietrino (implicito o esplicito): se sei sospettato, anche solo di striscio, certamente la tua credibilità è intaccata, ergo devi farti da parte, e comunque non costituisci più “l’alternativa” a un sistema di corruzione e malaffare. Questo devono aspettarsi i seguaci di Antonio Di Pietro e i suoi paladini nel mondo dell’informazione-spettacolo, sempre che facciano (e abbiano fatto) sul serio e non per finta. Viceversa, anche loro stanno nel mazzo, “come tutti gli altri” (altro schema dipietrino, travagliesco, ecc.).
Tutto questo Panebianco non l’ha detto, e ha fatto bene, perché appunto sono ovvietà, se non banalità, e lui non ci tiene a fare di queste sparate. Mentre qui, su un blog, certe cose si possono anche dire, magari premettendo che, appunto, sono osservazioni scontate, e dunque in qualche misura banali. Il punto, però, è se siamo tutti convinti che questi discorsi siano scontati, che certe cose, al punto a cui siamo arrivati, siano talmente ovvie che non occorra neanche dirle (ma trarne le consuguenze, questo sì, almeno si spera). Qui avrei qualche dubbio: andare a Canossa è uno sport faticoso! Di qui questo post “quasi” banale, di cui chiedo scusa ai lettori più sofisticati ed esigenti.